Stoicismo

 

1. I FONDATORI
Il fondatore della scuola fu Zenone di Cizio in Cipro, scolaro del cinico Cratete (ricordiamo che la cinica era una scuola socratica minore come la megarica, la cirenaica e l’eretriaca). Intorno al 300 a.C. fondò la sua scuola ad Atene nel Portico dipinto (Stoà poikìle) dal quale i suoi scolari si chiamarono stoici. Egli morì suicida come parecchi altri dei maestri che gli successero. Dei suoi numerosi scritti (Repubblica, Sulla vita secondo natura, Sulla natura dell’uomo, Sulle passioni ecc.) ci restano pochi frammenti. Alla direzione della scuola gli successe Cleante, ma pare che il suo contributo all’elaborazione del pensiero stoico sia stato minimo. Cleante, morto anch’egli suicida, fu succeduto da Crisippo di Soli o di Tarso in Cilicia, considerato il secondo fondatore dello stoicismo. La produzione letteraria di tutti questi filosofi è andata perduta e di essa ci sono rimasti solo frammenti.
Il fondatore dello stoicismo, Zenone, ebbe come maestro e come modello di vita il cinico Cratete. Ciò spiega l’orientamento generale dello stoicismo il quale si presenta come la continuazione e il completamento della dottrina cinica. Infatti sia per il cinismo (scuola socratica che pone il bene nella virtù e rifugge dal piacere) che per lo stoicismo, il fine della filosofia non è la scienza ma è la felicità che si ottiene per mezzo della virtù. Vi è però una differenza: mentre i cinici disprezzano la scienza, in quanto pensano che per essere virtuosi non occorra la scienza, gli stoici ritengono che essa sia necessaria per raggiungere felicità e virtù.
Gli stoici dividono la filosofia in tre parti: la fisica, la logica e l’etica.
 

2. FISICA
Gli stoici concepiscono il mondo come un ordine immutabile, razionale, perfetto e necessario che si identifica con Dio. Per questo la loro dottrina è un rigoroso panteismo. Alle quattro cause aristoteliche (materia, forma, causa efficiente e causa finale) gli stoici sostituiscono due principi: il principio attivo e il principio passivo, che sono entrambi materiali, e inseparabili l’uno dall’altro. Il principio passivo è la sostanza spoglia di qualità, la materia; il principio attivo è la ragione, cioè Dio che agendo sulla materia produce i singoli esseri.
Entrambi i principi, sia la causa, sia la materia, sono corpo e nient’altro che corpo. Gli stoici sostengono infatti un rigoroso materialismo affermando che esiste solo il corpo. Per questo si parla di fisica e non di metafisica, perché gli stoici spiegano il mondo ricorrendo ai principi che appartengono al mondo e non ricorrendo a principi o realtà extramondane. Tra le realtà incorporee non c’è neanche Dio: Dio stesso, come ragione cosmica e causa di tutto, è corpo, più precisamente fuoco. Non però fuoco distruttore, ma soffio caldo (pnéuma) e vitale che tutto conserva, alimenta, accresce e sostiene. Questo soffio, che è corporeo, è chiamato la ragione seminale del mondo perché contiene in sé le ragioni seminali secondo le quali tutte le cose si generano.
Gli stoici sono gli esponenti più radicali della cosiddetta visione ciclica del mondo: quando, dopo un lungo periodo di tempo (grande anno) gli astri tornano allo stesso segno e nella stessa posizione in cui erano al principio, accade una conflagrazione (expyrosis = combustione ciclica del cosmo) e la distruzione di tutti gli esseri, e di nuovo si forma lo stesso ordine cosmico, e di nuovo tornano a verificarsi gli avvenimenti accaduti nel ciclo precedente, senza alcuna modificazione (palingenesi e apocatastasi). Per gli stoici il destino (heimarméne) si identifica con l’ordine del mondo e con la concatenazione necessaria che lega gli esseri fra di loro. Ogni ciclo riprende necessariamente ed eternamente identico al ciclo precedente, cioè è voluto da un ordine necessario: pena la distruzione dell’ordine razionale del mondo.
Dal punto di vista delle cose, l’ordine si identifica con il destino; dal punto di vista di Dio, che ne è autore e garante infallibile, esso è provvidenza volta al bene. Pertanto, destino, provvidenza e ragione si identificano tra loro, secondo gli stoici, e s’identificano con Dio, considerato la natura intrinseca, presente e operante in tutte le cose. Poiché il mondo, nel suo ordine necessario, s’identifica con la stessa ragione divina, esso non può che essere perfetto. Gli stoici non negano la presenza dei mali del mondo, solo ritenevano che essi fossero necessari per l’esistenza del bene.
Presso gli stoici vi è la concezione finalistica del mondo, una tesi per la quale tutto ciò che esiste è stato prodotto per l’uomo, compreso ciò che a prima vista potrebbe sembrare negativo (ad esempio, secondo Crisippo, le bestie feroci esistono affinché l’individuo possa esercitare la sua forza, i denti velenosi delle serpi affinché si possa procurare i medicamenti, i topi affinché si abitui a stare attento, le cimici affinché non dorma troppo e così via). Questo antropocentrismo estremo e questa forma popolare di teologia costituiscono qualcosa di «originariamente estraneo» al pensiero greco, che ha preso piede soltanto con gli stoici e i loro seguaci e imitatori. Nemici implacabili del finalismo e del provvidenzialismo stoico saranno gli scettici.
 

3. ETICA
Alla base dell’etica stoica vi è una convinzione: OGNI ESSERE TENDE AD ATTUARE E CONSERVARE SE STESSO IN ARMONIA CON L’ORDINE DEL MONDO. Ciò avviene attraverso due forze ugualmente infallibili: l’istinto e la ragione. L’istinto guida gli animali, la ragione guida gli uomini. Per cui la massima che riassume l’etica stoica è la seguente:

VIVERE secondo NATURA = VIVERE secondo RAGIONE

dove per “natura” si intende l’ordine razionale del mondo e per “ragione” si intende una parte di quest’ordine. L’ordine razionale, perfetto e necessario del mondo è chiamato anche ragione universale. Per vivere in armonia con l’ordine razionale del mondo bisogna seguire la propria ragione, che suggerisce l’azione conforme all’ordine. Obbedendo alla ragione, si obbedisce anche alla ragione universale. Come si può notare, gli stoici riprendono un insegnamento socratico, vale a dire: si è virtuosi quando si segue la ragione. L’azione suggerita dalla ragione si chiama DOVERE : l’etica stoica quindi è fondamentalmente un’etica del dovere e la nozione di dovere, come conformità o convenienza dell’azione umana all’ordine razionale, diventa per la prima volta con gli stoici la nozione fondamentale dell’etica. Gli stoici distinguono:
• il dovere retto (azione perfettamente in armonia con l’ordine) che solo il saggio può raggiungere;
• il dovere intermedio, che è comune a tutti e molte volte è realizzato col solo aiuto di un’indole buona e di una certa istruzione.
Questa prevalenza della nozione del dovere conduce gli stoici a una delle dottrine tipiche della loro etica: la giustificabilità del suicidio. Quando infatti le condizioni che sono contrarie all’adempimento del dovere prevalgono su quelle favorevoli, il sapiente ha il dovere di abbandonare la vita anche se è al colmo della felicità.
Il semplice compimento del dovere, però, non è virtù. La virtù è la disposizione naturale a compiere il dovere, vale a dire, compiere il dovere naturalmente, senza sforzo. Questa virtù è bene, ma essa  è soltanto del sapiente, cioè di chi è capace del dovere retto. La virtù assume vari nomi a seconda dei domini cui è riferita:
• sono virtù, e quindi bene: la sapienza, la saggezza, la temperanza e la fortezza;
• sono vizi, e quindi male: l’ignoranza, la stoltezza, l’intemperanza e la debolezza.
Ci sono poi le cose indifferenti, che non sono né bene né male, esse sono: la salute, la vita, il piacere, la bellezza, la ricchezza e i loro contrari. Ma nel dominio delle cose indifferenti sono da preferire o scegliere quelle che sono di aiuto alla virtù. Gli indifferenti che contribuiscono a vivere virtuosamente sono i valori. Le emozioni provocate da presunti beni o presunti mali non sono valori, per cui il saggio rimane indifferente ad esse. Queste sono:
• la brama: emozione provocata da un presunto bene futuro;
• la letizia: emozione provocata da un presunto bene presente;
• il timore: emozione provocata da un presunto male futuro;
• l’afflizione: emozione provocata da un presunto male presente.
La condizione del saggio è l’APATIA (da a-, senza e pathos, emozione) che è l’indifferenza a ogni emozione.
Gli stoici, inoltre, introducono la seguente idea: Esiste una legge naturale superiore alle leggi dei diversi popoli che è uguale ovunque in tutti i tempi. Questi concetti costituirono e costituiscono la base della teoria del diritto naturale che per molti secoli è stato a fondamento di ogni dottrina del diritto. Quest’dea sarà infatti alla base di una dottrina giuridica del XVII secolo chiamata giusnaturalismo.
Se unica è la legge che governa l’umanità, unica è la comunità umana. L’uomo che si conforma alla legge è cittadino del mondo e dirige le azioni secondo il volere della natura conforme al quale tutto il mondo si governa.

 

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