L'accusativo


L’accusativo (accusativus casus) è il caso del complemento oggetto e di tutto ciò che a esso si riferisce (attributo, apposizione, complemento predicativo dell’oggetto). Svolge diverse funzioni legate, in generale, al concetto di movimento ed estensione in senso reale o figurato, nello spazio e nel tempo.
Le funzioni sintattiche dell’accusativo sono:
• l’accusativo dell’oggetto diretto (complemento oggetto)
• l’accusativo dell’oggetto interno
• l’accusativo con i verbi assolutamente e relativamente impersonali
• il doppio accusativo
altri usi dell’accusativo (di relazione, di movimento ed estensione, avverbiale, esclamativo).
 

L'accusativo dell'oggetto diretto

L’accusativo dell’oggetto diretto (o complemento oggetto) è retto in genere dai verbi transitivi, sia di forma attiva sia di forma deponente. La maggior parte dei verbi transitivi latini corrisponde a verbi transitivi anche in italiano. Tuttavia, alcuni verbi in latino sono usati transitivamente, mentre, in italiano sono intransitivi e reggono complementi diversi. Nella traduzione dal latino occorre, perciò, prestare attenzione a tali verbi:
• i verba affectuum, cioè verbi che esprimono uno stato d’animo, come doleo (mi dolgo di), horreo (ho orrore di), lugeo (piango per), gemo (gemo per), fastidio (provo noia per), rideo e derideo (rido di), miror (mi meraviglio di), queror (mi lamento di), spero/despero (spero in/dispero di), delector (mi diletto di), gaudeo (mi rallegro per), glorior (mi vanto di) ecc.
verbi di sensazione fisica, come oleo (mando odore di), redoleo (puzzo di), sapio e resipio (ho sapore di), sitio (ho sete di), esurio (ho fame di) ecc.
verbi di moto, composti con prefissi che reggono l’accusativo, come le preposizioni ad, circum, per, praeter, trans, fra cui adeo (mi accosto), circumvenio (circondo), percurro (corro attraverso), transeo (passo oltre) ecc.
verbi di natura diversa, come abdico (rinuncio a), iuvo e adiuvo (giovo a), delecto (piaccio a), fugio ed effugio (sfuggo a), deficio (vengo meno a), sequor (tengo dietro a), ulciscor (mi vendico di).

L'accusativo dell'oggetto interno

Alcuni verbi usati per lo più intransitivamente, sia in italiano sia in latino, reggono talvolta il cosiddetto oggetto interno, divenendo in tal modo transitivi. Si definisce così quel nome in accusativo che deriva dalla stessa radice del verbo cui si accompagna o presenta un significato a esso affine. I più comuni sono:
somniare somnium (sognare un sogno);
vivere vitam (vivere una vita);
pugnare pugnam (combattere una battaglia);
servire servitutem (essere soggetto alla schiavitù).

L'accusativo con i verbi assolutamente impersonali

Alcuni verbi latini che indicano sentimenti e sensazioni richiedono sempre la costruzione impersonale e perciò sono detti assolutamente impersonali. Essi sono:
miseret, miserŭit (o miserĭtum est), miserēre = provare pietà
paenitet, paenitŭit, paenitēre = pentirsi
piget, pigŭit (o pigĭtum est), pigĕre = provare rincrescimento
pudet, pudŭit (o pudĭtum est), pudēre= vergognarsi
taedet, pertaesum est, taedēre = annoiarsi
Tali verbi si coniugano alla 3ᵃ persona singolare e vogliono l’accusativo della persona che prova il sentimento e il genitivo della cosa che suscita il sentimento, quando la cosa è espressa da un sostantivo o da un pronome personale.

Parentes nostros suae culpae paenituit.
I nostri genitori si pentirono della loro colpa.

Se la cosa che suscita il sentimento è espressa da un pronome neutro, questo va in accusativo (di relazione); se invece è una proposizione, si rende con l’infinito semplice o con l’accusativo e infinito, oppure con quod e l’indicativo (o il congiuntivo), oppure, infine, con una proposizione interrogativa indiretta.

OSSERVA
• Con questi verbi impersonali il pronome di terza persona usato nelle proposizioni indipendenti è eum, eam, eos, eas; nelle proposizioni dipendenti all’infinito che hanno lo stesso soggetto della reggente si usa il pronome riflessivo se.
• Nella coniugazione perifrastica passiva i verbi impersonali vogliono il dativo d’agente per la persona che prova il sentimento.
• In presenza di verbi servili, questi ultimi diventano impersonali, mentre l’impersonale va all’infinito (si esprimono allo stesso modo la persona che prova il sentimento - in accusativo - e la cosa che lo provoca - in genitivo).
• Con i verba voluntatis, come volo, nolo, malo, che rimangono invece personali, il verbo impersonale va espresso al congiuntivo (presente o imperfetto) senza ut, oppure all’infinito.
• I verbi impersonali mancano dell’imperativo pertanto per ordinare o esortare ricorrono al congiuntivo esortativo.

Il doppio accusativo della persona e dell'oggetto diretto

Alcuni verbi presentano un doppio accusativo formato dall’accusativo della persona su cui ricade l’azione e della cosa che è oggetto dell’azione.

 

DOCEO, EDOCEO E CELO
I più comuni sono doceo, edoceo (insegno) e celo (tengo nascosto, celo) che vogliono l’accusativo della persona cui si insegna o si cela qualcosa e l’accusativo della cosa insegnata o celata.

Te tua fata docebo.
Ti svelerò il tuo destino.

Magnum malum me celas.
Tu mi nascondi una grande sventura.

 

Tutti e tre i verbi possono essere costruiti anche con de + ablativo della cosa (in questo caso doceo assume il valore di “informare”).
Al passivo doceo preferisce essere sostituito da altri verbi, come disco (imparo), con la frase volta all’attivo, o i sinonimi passivi imbuor, instituor, erudior ecc. Il participio perfetto doctus ha valore di aggettivo e regge l’ablativo della cosa o l’accusativo (di relazione):

Puella litteris Graecis et Latinis docta.
Una fanciulla istruita nella letteratura greca e latina.

 

Al passivo celo si costruisce con de + ablativo della cosa o, se questa è espressa da un aggettivo o pronome neutri, con l’accusativo di relazione, mentre il soggetto è sempre costituito dalla persona:

Non est de illo veneno celata mater.
La madre non fu tenuta all’oscuro di quel veleno.

 

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