Percy Bysshe Shelley

LIFE (1792 - 1822)
Percy Bysshe Shelley was born into a rich Sussex family in 1792. At the age of twelve he was sent to Eton, where he spent six unhappy years, often ill-treated by his schoolmates, which probably increased his rebellious spirit. At Oxford he came into contact with the radicalism of William Godwin, the anarchist philosopher. In 1811 for circulating a pamphlet entitled The necessity of Atheism he was expelled from Oxford. At the age of 19 he decided to go and live in London where he married Harriet Westbrook. After their marriage they visited Ireland where Shelley tried to urge the people to rebel against the English Government. On his return to England he entered the circle of the radical William Godwin. He soon fell in love with Godwin’s daughter Mary and in 1814 they ran away in Switzerland, living Harriet behind them. Harriet’s suicide and Shelley’s marriage to Mary turned public opinion against him and, in the company of Mary, Shelley left England. His home became Italy, where he spent time travelling between Pisa, Venice and Naples. In 1822 Shelley’s small boat was caught in a storm and the poet was drowned. His body was recovered later and his ashes were buried in the new Protestant Cemetery in Rome.


ACHIEVEMENT
Shelley is the perfect embodiment of one view of Romanticism: that idealistic individualist who rebels against his family and the conventions of his society and remains faithful to his ideals to the end of his life. Shelley’s poetry can be divided into longer and shorter works. The greatest of the longer works is Prometheus Unbound. Here Shelley draws on the rebellion of the Titan Prometheus against the Olympian gods. Many of his shorter works were written during the years he spent in Italy. They include his great song of natural change Ode to the West Wind.

Ode to the West Wind

Traduzione

(I) Oh selvaggio vento occidentale, tu respiro dell’essenza d’autunno,
tu, dalla cui invisibile presenza le foglie morte
sono trasportate, come spettri che da un incantatore fuggono
gialle, e nere, e pallide, e rosso febbrile,
moltitudini colpite dalla peste: oh tu,
che trasporti al loro buio letto invernale
i semi alati, dove giacciono freddi e profondi
ciascuno come un cadavere nella sua tomba, finché
la tua azzurra sorella (= brezza) della primavera suonerà
la sua tromba sulla terra sognante, e riempirà 
(trasportando freschi germogli come greggi a pascolare in aria)
di vividi colori e profumi pianura e collina:
selvaggio spirito, che ti muovi dovunque,
distruttore e salvatore; ascolta, oh ascolta!

(II) Tu sulla cui corrente, tra il forte tumulto del cielo 
libere nuvole, come foglie cadenti sulla terra, vengono sparse,
scosse dagli intrecciati rami del cielo e dell’oceano,
messaggere di pioggia e di lampi; lì sono sparse
sull’azzurra superficie dei tuoi aerei flutti
(come i chiari capelli sollevati dalla testa 
di qualche fiera baccante, proprio dall’offuscato limite
dell’orizzonte al culmine del cielo)
le ciocche (= clouds) della tempesta che si avvicina. Tu canto funebre
dell’anno morente, per il quale questa notte che si avvicina
sarà la cupola di un vasto sepolcro, 
coperto da tutta la tua raccolta potenza
di vapori (= clouds), dalla solida atmosfera dei quali
pioggia nera, e fuoco, e grandine scoppieranno: oh, ascolta!

(III) Tu che risvegliasti dai suoi sogni estivi
l’azzurro Mediterraneo, nei quali riposava, 
cullato dalla spirale delle sue cristalline correnti,
presso un’isola vulcanica nell’insenatura di Baia,
e vedesti nel sonno antichi palazzi e torri
tremolanti nella più intensa luce dell’onda
tutti rivestiti di muschio azzurro e fiori 
così soavi, che i sensi vengono meno nel raffigurarli! Tu
al cui passaggio le superfici possenti dell’Atlantico
si squarciano in abissi, mentre molto più sotto
i fiori marini e i fangosi boschi che rivestono
il fogliame privo di linfa dell’oceano, riconoscono 
la tua voce, e improvvisamente diventano grigi dalla paura,
e tremano e si spogliano: oh ascolta!

(VI) Se fossi una morta foglia che tu potessi trasportare;
se fossi una veloce nuvola per volare con te;
un’onda per ansimare sotto la tua energia, e condividere 
l’impulso della tua forza, pure meno libero (sarei)
di te, oh irrefrenabile! Se almeno
fossi come nella mia infanzia, e potessi essere
il compagno del tuo vagare nel cielo,
come allora, quando superare la tua celeste velocità 
quasi non sembrava un sogno; non avrei mai lottato
così pregandoti nella mia dolorosa miseria.
Oh! Sollevami come un’onda, una foglia, una nuvola!
Cado sulle spine della vita! Sanguino!
Un pesante carico di ore ha incatenato e piegato 
uno troppo simile a te: indomito, e veloce, e orgoglioso.

(V) Fa’ di me la tua lira, proprio come la foresta:
che importa se le mie foglie stanno cadendo come le sue!
Il tumulto delle tue potenti armonie
trarrà da entrambi un profondo, autunnale suono, 
dolce anche se triste. Sii, o spirito fiero,
il mio spirito! Sii me stesso, o impetuoso!
Trasporta i miei morti pensieri nell’universo
come appassite foglie per stimolare una nuova nascita!
E, con l’incanto di questi versi, 
spargi, come da un non spento focolare
cenere e scintille, le mie parole fra il genere umano!
Sii attraverso le mie labbra per una sonnolenta terra
la tromba di una profezia! Oh vento,
se l’inverno giunge, può la primavera essere lontana? 

 

Scarica questi appunti in pdf: