Il participio

 

Il modo participio “partecipa” (da qui deriva il suo nome) della natura del verbo e di quella d’aggettivo. Infatti come verbo può reggere diversi complementi, mentre come aggettivo concorda in caso, genere e numero con il sostantivo cui si riferisce. Per questo si definisce anche aggettivo verbale. Il participio latino presenta tre tempi: presente, futuro e perfetto.

Participio presente

Si forma aggiungendo al tema del presente i seguenti suffissi: -ans (per la prima coniugazione), -ens (per la seconda e la terza coniugazione), -iens (per la quarta coniugazione).

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Il participio presente viene declinato come un aggettivo della seconda classe a una sola uscita, tranne che nell’ablativo singolare uscente in -e, anziché in -i. Esso ha solo significato attivo. Esprime un rapporto di contemporaneità rispetto all’azione della proposizione reggente; pertanto, quando si deve tradurre dal latino un participio presente e non esiste in italiano un aggettivo o un sostantivo equivalente, si ricorre, in base al contesto:
• al gerundio semplice (se in caso nominativo);
• a una proposizione temporale (introdotta da quando, mentre), causale (poiché), concessiva (anche se, benché) , ipotetica (se) o avversativa (mentre, invece);
• a una proposizione relativa con il verbo all’indicativo, al tempo presente, imperfetto o futuro semplice a seconda del verbo reggente, per esprimere contemporaneità o concomitanza con l’azione della reggente stessa;
• a una proposizione finale.

 

Participio futuro

Si forma aggiungendo al tema del supino i suffissi -urus, -ura, -urum e si declina come un aggettivo della prima classe.

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Esso ha solo significato attivo. Il participio futuro esprime un rapporto di posteriorità rispetto all’azione della proposizione reggente; pertanto, quando si deve tradurre dal latino un participio futuro, si ricorre, in base al contesto:
• a una perifrasi con il gerundio del tipo “essendo sul punto di” (se in caso nominativo);
• a una proposizione relativa con il verbo all’indicativo futuro semplice, oppure al condizionale per esprimere un rapporto di posteriorità in un contesto passato;
• a una proposizione temporale introdotta da “quando sta/stava per”, “mentre è/era in procinto di”;
• a un’espressione che indichi predestinazione (“destinato a”) o intenzionalità/finalità dell’azione (“con l’intenzione di”, “per” + infinito).

 

Participio perfetto

Si forma aggiungendo al tema del supino i suffissi -us, -a, -um e si declina come un aggettivo della prima classe. Esso corrisponde al participio passato italiano.

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Il participio perfetto dei verbi attivi ha sempre significato passivo, quindi hanno il participio perfetto solo i verbi transitivi. Nei verbi deponenti e semideponenti invece il participio perfetto ha significato attivo, perciò hanno il participio perfetto sia i verbi transitivi sia gli intransitivi.

RICORDA. Il verbo sum ha solo il participio futuro; fut - urus, -a, -um (che sarà).

Particolarità dei participi perfetti

Alcuni participi perfetti di verbi deponenti e semideponenti hanno anche valore di participi presenti e vengono spesso tradotti in italiano con il gerundio presente:

arbitratus (da arbitror) = che crede, credendo, che ha creduto;
ausus (da audeo) = che osa, osando, che ha osato;
confisus (da confido) = che confida, confidando, che ha confidato;
diffusus (da diffido) = che diffida, diffidando, che ha diffidato;
fisus (da fido) = che si fida, fidandosi, che si è fidato;
gavisus (da gaudeo) = che gode, godendo, che ha goduto;
ratus (da reor) = che pensa, pensando, che ha pensato;
secutus (da sequor) = che segue, seguendo, che ha seguito;
usus (da utor) = che usa, usando, che ha usato;
veritus (da vereor) = che teme, temendo, che ha temuto.

Alcuni participi perfetti deponenti hanno valore attivo e anche passivo:
adeptus (da adipiscor) = che ha ottenuto, (che è stato) ottenuto;
comitatus (da comitor) = che ha accompagnato, (che è stato) accompagnato;
confessus (da confiteor) = che ha confessato, (che è stato) confessato;
dimensus (da dimetior) = che ha misurato, (che è stato) misurato;
expertus (da experior) = che ha sperimentato, (che è stato) sperimentato;
meditatus (da meditor) = che ha meditato, (che è stato) meditato;
pactus (da paciscor) = che ha pattuito, (che è stato) pattuito;
partitus (da partior) = che ha diviso, (che è stato) diviso;
populatus (da populor) = che ha devastato, (che è stato) devastato.

Funzione nominale del participio

Il participio può essere usato con valore di nome (come un aggettivo sostantivato) oppure con valore di aggettivo (con funzione di attributo). In questi casi si rende in italiano con un nome, un aggettivo sostantivato, un aggettivo o una proposizione relativa.
Inoltre, il participio in funzione nominale può avere valore predicativo:
• come parte nominale di un predicato nominale;
• in espressioni come audio aliquem dicentem, cognitum habeo, oppressum teneo.

Funzione verbale del participio

Il participio ha funzione verbale quando è concordato con il soggetto o con un altro complemento della frase ed equivale a una subordinata temporale o causale; in questo caso si dice anche participio congiunto. Si rende in italiano con una proposizione subordinata, espresso in forma implicita al participio o al gerundio, oppure in forma esplicita con un tempo verbale adatto a tendere il rapporto corretto con la reggente.

 

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