Hume

 

Hume conduce l’empirismo a una conclusione scettica: l’esperienza non è in grado di fondare la piena validità della conoscenza la quale, ricondotta nei suoi limiti, non è certa, ma soltanto probabile.
 

1. VITA E OPERE
David Hume nacque il 26 aprile 1711 a Edimburgo. Studiò giurisprudenza, ma i suoi interessi erano rivolti alla filosofia e alla letteratura. Dopo un breve tentativo di fare l’avvocato a Bristol, si recò in Francia dove rimase tre anni a proseguire i suoi studi. Durante la sua permanenza in Francia, compose la prima e fondamentale sua opera, il Trattato sulla natura umana, che fu pubblicato nel 1739. Frattanto Hume era ritornato in Inghilterra e qui pubblicava nel 1742 la prima parte dei suoi Saggi morali e politici. Tra il 1745 e il 1748 ebbe vari incarichi politici, tra cui quello di segretario del generale St. Clair che lo condusse con sé nelle sue ambasciate militari presso le corti di Vienna e di Torino. Nel 1763 Hume divenne segretario del conte di Hartford, ambasciatore d’Inghilterra a Parigi e qui rimase fino al 1766, frequentando la società intellettuale della capitale francese. Tornato in Inghilterra, ospitò in casa su Jean-Jacques Rousseau, ma il carattere ombroso del filosofo francese provocò una rottura tra i due. Dal 1769 in poi Hume, ormai ricco, condusse la vita tranquilla del benestante inglese e morì a Edimburgo il 25 agosto 1776.
L’opera principale di Hume rimane il Trattato sulla natura umana, sebbene nella Ricerca sull’intelletto umano e nella Ricerca sui principi della morale egli abbia riesposto in modo assai più rapido e chiaro i capisaldi essenziali di quell’opera.
 

2. IMPRESSIONI E IDEE
Hume afferma che tutti i contenuti della mente umana sono percezioni, le quali si dividono in due classi, che si distinguono fra loro per il grado diverso di forza e vivacità con cui colpiscono lo spirito:
IMPRESSIONI: percezioni che si presentano con maggiore vivacità e forza allo spirito;
IDEE: sono le copie sbiadite delle impressioni.
Ogni idea deriva dalla corrispondente impressione e non esistono idee o pensieri di cui non si sia avuta precedentemente l’impressione. L’illimitata libertà del pensiero umano trova il suo limite in questo principio: la mente umana non avrà mai in suo possesso altra specie di realtà che quella delle sue impressioni.
Esistono impressioni semplici e impressioni complesse a cui corrispondono idee semplici ed idee complesse. Le idee complesse possono essere sia la copia di un’impressione complessa sia il frutto di un lavoro di aggregazione fatto dalla mente. La facoltà che consiste nello stabilire relazioni fra idee è detta immaginazione.
 

3. IL PRINCIPIO DI ASSOCIAZIONE
L’immaginazione agisce sia sulla base del libero gioco della fantasia sia sulla base di una «dolce forza di attrazione» che rappresenta, per la mente, ciò che la forza di gravità rappresenta per la natura ed è detta principio di associazione delle idee. Tale principio si basa su tre criteri:
1. somiglianza: le idee simili si aggregano;
2. contiguità spazio-temporale: le idee di impressioni percepite nella mente vicine nello spazio o nel tempo tendono ad aggregarsi;
3. causalità: l’idea della causa fa venire in mente l’idea dell’effetto.
Per quanto riguarda l’idea generale Hume afferma che essa non è altro che un’idea particolare indicata con un nome generale in grado di richiamare altre idee particolari simili alla prima e abitualmente associate ad essa in virtù del criterio della somiglianza.
 

4. PROPOSIZIONI
Dalle idee si passa alle proposizioni. Hume distingue fra proposizioni che concernono le relazioni tra idee e proposizioni che concernono le relazioni tre fatti.
Le proposizioni riguardanti le relazioni tra idee si costruiscono basandosi semplicemente sul principio di non-contraddizione, si possono quindi formulare rimanendo nel pensiero e non nell’esperienza. Tali proposizioni sono assolutamente valide e necessarie.
Le proposizioni riguardanti le relazioni fra i fatti invece non sono basate sul principio di non-contraddizione ma sull’esperienza, giacché il contrario di un fatto è sempre possibile. Infatti, argomenta Hume con una celebre immagine, la proposizione «il sole domani non si leverà» è una proposizione non meno intellegibile né più contraddittoria dell’altra «il sole domani si leverà». Tali proposizioni non possono esistere nel solo pensiero perché si fondano sulla relazione causa ed effetto. La tesi fondamentale di Hume è che la relazione tra causa ed effetto non può essere mai conosciuta a priori, cioè col puro ragionamento, ma soltanto per esperienza. Nessuno, messo di fronte a un oggetto che per lui sia nuovo, è in grado di scoprire le sue case e i suoi effetti prima di averli sperimentati e soltanto ragionando su di essi. Hume propose questo esempio:

«Adamo, anche se le sue facoltà razionali siano supposte dal principio perfette, non avrebbe mai potuto inferire dalla fluidità e trasparenza dell’acqua che essa poteva soffocarlo o dalla luce e dal calore del fuoco che esso poteva consumarlo. Nessun oggetto scopre mai, per mezzo delle qualità che appaiono ai sensi, le cause che lo producono o gli effetti che sorgeranno da esso, né può la nostra ragione, senza l’aiuto dell’esperienza, effettuare alcune induzioni che concernino realtà o fatti».

Questo significa che la connessione tra causa ed effetto, anche dopo che è stata scoperta per esperienza, rimane arbitraria e non necessaria. Causa ed effetto sono due fatti interamente diversi, ognuno dei quali non ha nulla in sé che richiami necessariamente l’altro. Hume inoltre fa notare come siamo portati a dare un valore assoluto a tali proposizioni per abitudine, che è la disposizione, prodotta dalla ripetizione di un atto, a rinnovare l’atto stesso, senza che intervenga la riflessione o il ragionamento.
 

5. LA CREDENZA DEL MONDO ESTERNO E NELL’IDENTITÀ DELL’IO
Nella realtà esistono due tipi di sostanze: la sostanza materiale e la sostanza spirituale.
SOSTANZA MATERIALE. La costanza e coerenza di certe impressioni inducono gli uomini a credere che esistano coese dotate di un’esistenza continua indipendentemente dagli uomini che le percepiscono in modo discontinuo. La riflessione filosofica conduce a distinguere le percezioni, soggettive, mutevoli e interrotte, dalle cose oggettive, esternamente e continuamente esistenti. Ma Hume controbatte contro i filosofi affermando che la sola realtà di cui siamo certi è costituita dalle percezioni; una realtà che sia diversa dalle percezioni ed esterna ad esse non si può affermare né sulla base delle impressioni dei sensi né sulla base del rapporto causale.
SOSTANZA SPIRITUALE. Una spiegazione analoga trova, nelle analisi di Hume, la credenza nell’unità e nell’identità dell’io. Infatti, secondo Hume, noi non abbiamo esperienza o impressione del nostro “io” (inteso come entità unitaria e immutabilmente identica a se stessa), ma solo dei nostri stati d’animo successivi, che fanno apparizioni nella nostra coscienza come in una specie di teatro. In altri termini, ciò che noi sperimentiamo come “io” è soltanto un fascio di impressioni che si susseguono nel tempo.
 

6. MORALE
Secondo Hume le sue regole nascono in vista della pubblica utilità. Infatti, si giudicano buoni o cattivi i comportamenti degli individui a seconda che apportino vantaggi o svantaggi alla comunità: «Se, dunque, l’utilità è fonte di sentimento morale, e se questa utilità non si considera sempre con rifermento a noi stessi, ne segue che tutto ciò che contribuisce alla felicità della società si raccomanda direttamente alla nostra approvazione e alla nostra buona volontà». La morale poggia, quindi, in Hume, su un sentimento di «simpatia» per gli altri e su di un «generoso interesse» per l’umanità. Per questo motivo, la sua etica è denominata anche morale della simpatia.
 

7. RELIGIONE
La religione, per Hume, ha un fondamento extra-razionale, in quanto nasce dalle speranze e dai timori che agitano l’uomo, il quale – sospeso tra la vita e la morte, la salute e la malattia, l’abbondanza e la privazione – attribuisce a cause segrete e sconosciute i beni di cui gode e i mali da cui è continuamente minacciato. A concepire la divinità come infinita e quindi assolutamente perfetta, gli uomini sono in seguito condotti non dalla riflessione filosofica, ma piuttosto dal bisogno di adularla per tenersela buona. Anche il concetto filosofico di Dio come essere infinito e perfetto ha dunque il suo fondamento in un istinto naturale dell’uomo. Il teismo che bandisce l’idolatria è senza dubbio superiore all’idolatria stessa, ma offre a sua volta un gravissimo pericolo, che è quello dell’intolleranza. Riconosciuto un unico oggetto di devozione, il culto delle altre divinità è considerato assurdo ed empio e fornisce spesso il pretesto di persecuzioni e condanne. Al politeismo è invece estranea l’intolleranza.

 

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