Agostino

 

Per la prima volta nella personalità di Agostino la speculazione teologica cessa di essere puramente oggettiva per diventare soggettiva: la ricerca filosofica di Agostino è legata ad un’esigenza intima: l’esigenza di capire se stesso. Questa radicale interiorizzazione della ricerca filosofica ha precedenti, nel senso che la ritroviamo anche in dottrine precedenti. I predecessori di Agostino sono i platonici, in particolare Plotino, ma , mentre per i neoplatonici il ritorno a se stesso può essere solo privilegio del saggio, per Agostino può essere proprio di ogni uomo. Agostino ha raccolto anche il meglio della speculazione patristica precedente e i fondamentali concetti teologici non subiscono per opera sua sostanziali sviluppo ma si arricchiscono di un calore e di un significato umani che prima non avevano. Il tema della ricerca di Agostino è capire se stesso e poiché trova le risposte ai suoi interrogativi circa la vita in Dio, allora, cercando se cerca Dio. Quindi Agostino dichiara di non voler conoscere altro che l’anima e Dio. 
 

1. VITA E OPERE
Aurelio Agostino nacque nel 354 a Tagaste nell’Africa romana. Suo padre Patrizio era pagano, sua madre Monica cristiana e ed esercitò sul figlio una profonda influenza. Trascorse la fanciullezza e l’adolescenza tra Tagaste e Cartagine, conducendo in questo periodo una vita disordinata e dispersa, di cui si accusò aspramente nelle Confessioni. Coltivava però gli studi classici specialmente latini e si occupava con passione di grammatica. All’età di 20 anni aderì al Manicheismo, una religione fondata nel III secolo d.C. da Mani che fondeva elementi del Cristianesimo con elementi della religione di Zoroastro, una religione dualista che spiegava tutto attraverso due realtà, il Bene e il Male, in continua lotta tra loro. Iniziò ad insegnare  retorica a Cartagine e tenne il suo insegnamento in questa città fino all’età di 29 anni. Si recò poi a Roma nel 383 e dopo un anno si recò a Milano dove incontrò Ambrogio, vescovo di Milano, il cui esempio e parola persuasero Agostino della verità del cristianesimo. Agostino divenne così catecumeno. Il 25 aprile del 387 riceveva il battesimo dalle mani di Ambrogio. Egli divenne allora certo che la sua missione era quella di diffondere nella sua patria la sapienza cristiana; pensò quindi al ritorno. A Ostia, nell’attesa dell’imbarco, trascorse con la madre giorni di intenso godimento spirituale, ma lì Monica morì. Da quel momento la vita di Agostino fu una continua ricerca della verità e una continua lotta contro l’errore. Dopo una nuova permanenza a Roma, ritornò a Tagaste dove nel 391 fu ordinato prete e nel 395 fu consacrato vescovo di Ippona. Nel 428 i Vandali invasero l’Africa romana e il 28 agosto 430, quando già da tre mesi le truppe di Genserico assediavano Ippona, Agostino morì.
Le sue opere principali sono le Confessioni (scritte tra il 397 e il 401) e La città di Dio (scritta tra il 413 e il 426).
 

2. RAGIONE E FEDE
Nei Soliloqui Agostino dichiara che lo scopo della sua ricerca è la conoscenza dell’animo e di Dio. Dio e l’anima non richiedono per Agostino due indagini diverse poiché cercare l’anima significa cercare Dio. L’uomo conosce se stesso e Dio tramite la fede e la ragione che è radicata in essa. Infatti ragione e fede sono strettamente unite e in grado di collaborare e di rafforzarsi a vicenda. Il rapporto tra ragione e fede è sintetizzato nella duplice formula Crede ut intelligas (credi per capire) e intellige ut credas (capisci per credere). Con queste affermazioni Agostino intende dire che per capire, cioè per fare filosofia in modo corretto e trovare la verità, bisogna credere, cioè possedere la fede, che illumina il cammino della ragione. Agostino quindi afferma che la conoscenza perfetta delle cose, la piena intelligenza, si ottiene tramite la fede in Cristo, da lui chiamato Dator Intelegentiae. Già Platone aveva affermato che la piena intelligenza, cioè la piena conoscenza delle cose, si ottiene tramite una divina rivelazione.
Nel percorso di conoscenza della verità, Agostino va contro lo scetticismo e il manicheismo.
 

3. LA CONFUTAZIONE DELLO SCETTICISMO
Lo scetticismo è anche detto “dottrina del dubbio universale” in quanto afferma che all’uomo non è dato conoscere la verità. Per confutare la dottrina scettica, Agostino sceglie la via dell’introspezione, sceglie cioè di rientrare in se stesso per cogliersi, al di fuori del corpo, come autocoscienza. In sé Agostino trova verità inconfutabili che presentano i caratteri della perfezione, dell’universalità e dell’immutabilità.
Da dove l’uomo apprende tali verità? Agostino afferma che l’uomo non trae tali verità da se stesso in quanto l’uomo presenta caratteri contrari a quelli delle verità (infatti l’uomo è imperfetto, finito e mutevole). Agostino respinge anche la dottrina-mito della reminiscenza di Platone, poiché razionalmente infondata e contro la dottrina cristiana in quanto basata sulla dottrina della trasmigrazione delle anime. Agostino sostituisce la dottrina platonica con una nuova dottrina: la teoria dell’Illuminazione, considerata la prova dell’esistenza di Dio. Secondo questa teoria, Dio, verità perfetta e immutabile, sede dei modelli eterni, illumina la mente dell’uomo fornendole i criteri di giudizio. Agostino, proprio come Platone, ci ha fornito quindi una forma di innatismo. Rispetto a Platone cambia solo la fonte delle idee (l’iperuranio per Platone, Dio per Agostino).
 

4. DIO COME ESSERE, VOLONTÀ E AMORE
La verità è Dio: questo è il principio fondamentale della teologia agostiniana. Per Agostino Dio è Trinità, infatti Egli è Essere, Verità e Amore:
• come Essere, Dio è il creatore di tutto, è il fondamento di tutto ciò che esiste;
• come Verità, Dio ci illumina fornendoci le verità, cioè i criteri sulla base dei quali conosciamo il mondo;
• come Amore, Dio ci attira a sé e ci dona la pace.
 

5. LA STRUTTURA TRINITARIA DELL’UOMO E IL PECCATO
Anche l’uomo, creato ad immagine del suo creatore, ha una struttura trinitaria la quale fa sì che egli sia al minuscolo ciò che Dio è al maiuscolo. Infatti l’uomo è, conosce e ama, proprio come Dio è Essere (Padre), Intelligenza (Figlio) e Amore (Spirito Santo). In altri termini, l’uomo possiede tre facoltà: la memoria, l’intelligenza e la volontà o amore. Questa somiglianza dell’uomo con Dio rende possibile che l’uomo si volga a Dio, cioè che l’uomo rinsaldi il legame con Dio. Questa però rappresenta una possibilità. Infatti, come dice San Paolo, davanti all’uomo di aprono due strade:
• vivere secondo l’uomo vecchio, cioè vivere secondo la carne, quindi essere teso alle cose mondane, essere prigioniero del mondo e mancare di rivolgersi a Dio;
• vivere secondo l’uomo nuovo, cioè vivere secondo lo spirito e rinsaldare il legame con Dio.
Per Agostino il peccato consiste proprio nella mancanza di rapportarsi a Dio, il peccato quindi non ha una causa efficiente, ma solo una causa deficiente: non è una realizzazione ma una defezione.
 

6. IL PROBLEMA DELLA CREAZIONE E DEL TEMPO
In quanto Essere, Dio è il fondamento di tutto ciò che è, è dunque il creatore di tutto. Superando il pregiudizio greco secondo il quale nulla deriva dal nulla, Agostino afferma che Dio ha creato il mondo dal nulla attraverso il Logos o Parola, ovvero attraverso Cristo, Figlio di Dio, che ha in sé le idee, cioè i modelli eterni delle cose.
Agostino è spinto alla riflessione sul tempo da una domanda già presente nella patristica: cosa faceva Dio prima di creare il mondo? Prima della creazione non c’era tempo: non esiste un “prima” o un “dopo” perché Dio è eterno: in Dio nulla è passato e nulla è futuro perché il suo essere è immutabile. Il mondo invece è collocato nel tempo. Ma cos’è il tempo? Agostino afferma che il tempo in sé non esiste perché esso non permane. Infatti il passato è tale perché non è più, il futuro è tale perché non è ancora, e se il presente fosse sempre presente e non trapassasse continuamente nel passato, non sarebbe tempo, ma eternità. Nonostante la fuggevolezza del tempo, l’uomo riesce a misurarlo tramite l’anima: il passato non c’è più, ma nell’anima c’è la memoria delle cose passate; il futuro non c’è ancora, ma nell’anima c’è l’attesa delle cose future; il presente è privo di durata, ma nell’anima permane l’attenzione alle cose presenti. Il tempo trova nell’anima la sua realtà, esso è una distensio animi che va dal ricorso del passato all’attesa del futuro. Il tempo esiste quindi solo per l’anima, per lo spirito dell’uomo.
 

7. LA POLEMICA CONTRO IL MANICHEISMO E IL PROBLEMA DEL MALE
In un primo tempo Agostino aveva aderito alla dottrina professata dal principe persiano Mani (III secolo d.C.), che ammetteva nel mondo due Principi, il Bene e il Male, in eterna lotta tra loro. Agostino aveva poi abbandonato il manicheismo, ritenendolo filosoficamente insostenibile, poiché esso, presupponendo uno scontro cosmico della divinità del bene con quella del Male, metteva in forse il concetto  di incorruttibilità di Dio. Infatti, se il principio negativo può nuocere a Dio, Dio non è incorruttibile, e se non può nuocergli manca qualsiasi motivo perché Dio debba combattere.
La conversione al cristianesimo non aveva eliminato il problema. Infatti, se esiste un Dio, inteso come Bene, Amore e Provvidenza, perché il male nel mondo? Si Deus est, unde malum? Agostino trova una soluzione negando la realtà sostanziale del male: poiché Dio ha creato tutte le cose, tutto ciò che è, in quanto è, è bene; per cui essere e bene coincidono; quindi il male non può configurarsi che come privazione del bene. Ma se essere=bene, il male, metafisicamente parlando, non ha una sua propria realtà, cioè un essere sostanziale autonomo, in quanto esso è sempre male di qualcosa, cioè l’accidente di un soggetto che di per sé è bene ma può corrompersi. Grazie a questa teoria della non-sostanzialità del male, Agostino può sostenere che Dio non crea il male, perché altrimenti creerebbe il non-essere, ma solo il bene, di cui il male è semplice carenza o privazione.
Affermare che il male non ha una realtà metafisica non significa che il male non esiste. Rifacendosi alla concezione stoica, Agostino sostiene che i mali di natura:
a) o derivano dalla struttura gerarchica dell’universo, che per la sua completezza richiede non solo gli esseri superiori, ma anche quelli inferiori
b) o fungono da elementi necessari dell’armonia cosmica.
In questi casi il male non esiste. I mali fisici che affliggono l’uomo come le malattie, le sofferenze, la morte, sono un  effetto del peccato originale e non sono quindi un male nell’ottica della storia della salvezza perché sono una forma di riscatto per il peccato. L’unico male è il male morale che risiede nel peccato che consiste nella defezione dell’uomo che manca di rapportarsi a Dio. Esso è quindi una aversio a deo e una conversio ad creaturam (allontanamento da Dio e conversione alle cose mondane).
 

8. LA POLEMICA CONTRO IL PELAGIANESIMO
Una decisa polemica agostiniana è quella contro il pelagianesimo, dottrina elaborata dal monaco irlandese Pelagio. Egli aveva affermato che il peccato di Adamo non aveva tolto all’uomo la capacità di fare il bene. Quindi per Pelagio l’uomo, sia prima che dopo il peccato originale, è naturalmente capace di operare virtuosamente senza bisogno del soccorso straordinario della grazia. Ma questa dottrina rendeva vano il sacrificio di Cristo e il ruolo della Chiesa che, tramite i suoi insegnamenti e i sacramenti, ci conduce alla salvezza. Infatti, affermare che l’uomo è capace di fare il bene equivale a dire che l’uomo può salvarsi da sé. Di fronte a tale dottrina che si prospettava così rovinosa per la dogmatica cristiana e il compito della Chiesa, Agostino reagisce energicamente, affermando che con Adamo e in Adamo ha peccato tutta l’umanità e che quindi il genere umano è una sola «massa dannata». Per giustificare la trasmissione del peccato Agostino fu indotto a difendere, circa l’origine dell’anima, non il creazionismo (giacché non si può ammettere che Dio crei un’anima dannata) ma il traducianismo, per il quale l’anima viene trasmessa di padre in figlio attraverso la generazione del corpo. Agostino si indirizzò quindi verso un pessimismo radicale sulla natura e sulle possibilità dell’uomo, ritenuto incapace d compiere il più piccolo passo sulla via dell’elevazione spirituale e della salvezza, e fu portato a insistere sul carattere imperscrutabile della scelta divina che sembra predestinare alcuni uomini alla salvezza. Agostino basa le sue conclusioni sul principio dell’identità della libertà umana con la grazia divina: la volontà è libera soltanto quando non è asservita al vizio e al peccato, ed è questa libertà che può essere restituita all’uomo solo dalla grazia divina. In altri termini, il primo libero arbitrio, quello che fu dato ad Adamo, consisteva nel «poter non peccare». Perduta questa libertà per la colpa originaria, che costringe l’uomo a «non poter non peccare», ed essendosi infiacchita la sua volontà, l’individuo può vincere il peccato solo mediante l’aiuto della grazia divina (concessa in virtù dei meriti di Cristo).
 

9. LA CITTÀ DI DIO
Agostino compose, tra il 413 e il 426, il suo capolavoro: La città di Dio. In quest’opera egli afferma che la vita dell’uomo singolo è dominata da un’alternativa fondamentale: vivere secondo la carne o vivere secondo lo spirito. La stessa alternativa domina la storia dell’umanità. Questa è costituita dalla lotta di due città o regni: il regno della carne (o città terrena o città del diavolo) che è la società degli empi, e il regno dello spirito (o città celeste o città di Dio) che è la comunità dei giusti. Queste due città non dividono mai nettamente il loro campo di azione nella storia. Nessun contrassegno esteriore distingue le due città che sono mescolate insieme sin dall’inizio della storia umana e lo saranno sino alla fine dei tempi. Solo interrogando se stesso ognuno potrà scorgere a quale delle due città appartenga.
 

10. LE EPOCHE E I PERIODI DELLA STORIA
Agostino, in corrispondenza dei sei giorni della creazione, distingue sei epoche:
- la prima va da Adamo al diluvio universale,
- la seconda da Noè ad Abramo,
- la terza da Abramo a Davide,
- la quarta da Davide fino alla cattività babilonese,
- la quinta dalla cattività babilonese fino alla nascita di Cristo,
- la sesta dalla prima venuta di Cristo fino al suo ritorno e alla fine del mondo.
Accanto alla divisione in sei epoche, ne troviamo un’altra in tre periodi, secondo i gradi del progresso spirituale:
- nel primo gli uomini vivono senza leggi e non vi è ancora lotta contro i beni del mondo,
- nel secondo gli uomini vivono sotto la legge e perciò combattono contro il mondo, ma sono vinti,
- il terzo periodo è il tempo della grazia in cui gli uomini combattono e vincono.
 

11. I MALI DI ROMA
Roma è considerata la Babilonia dell’occidente. Alla sua origine c’è un fratricidio, quello di Romolo, che riproduce il fratricidio di Caino dal quale è nata la città terrena. Le virtù stesse dei cittadini di Roma sono virtù apparenti: esse in realtà sono vizi perché la virtù senza la fede in Cristo non è possibile. Di conseguenza, contro l’idea secondo cui le sventure di Roma fossero l’abbandono del culto degli dei tradizionali, Agostino risponde ritorcendo l’accusa, ossia mostrando come i mali fisici e morali abbiano funestato Roma anche quando il paganesimo era in fiore e il cristianesimo non esisteva ancora.

 

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