Nietzsche

 

1. VITA E SCRITTI
Friedrich Wilhelm Nietzsche nasce a Röcken, presso Lipsia, il 15 ottobre 1844. Nel 1858 entra nella prestigiosa scuola di Pforta, nota per i suoi rigidi sistemi educativi. Nel 1864 viene immatricolato come studente di teologia a Bonn. Nel 1865 si trasferisce a Lipsia, dove segue le lezioni di Friedrich Ritschl, uno dei maggiori studiosi di filosofia classica. A Lipsia legge per la prima volta Il mondo come volontà e rappresentazione di Schopenhauer e ne rimane conquistato. Nel 1869, a soli 24 anni, ottiene la cattedra di lingua e letteratura greca presso l’Università svizzera di Basilea. Entra in rapporto con il teologo Franz Overbeck, che gli sarà amico fino alla fine, e con Richard Wagner, divenendo un fervente ammiratore del musicista. Nel 1872 pubblica il suo primo libro, La nascita della tragedia, che incontrò l’ostilità dei filologi.
Intanto la sua salute si va indebolendo. Nel 1876 interrompe l’insegnamento a Basilea e nel 1879 rinunzia definitivamente alla cattedra. Da allora in poi, la sua vita sarà quella di un malato inquieto e nervoso, in perpetuo vagabondaggio da una città all’alta. Sempre alla ricerca di climi favorevoli e di una salute che non verrà mai, Nietzsche vive in solitudine tra Svizzera, Italia e Francia. Nel 1822 conosce una giovane russa di 21 anni, Lou Salomé. In questa donna Nietzsche crede di aver trovato una discepola e una compagna d’eccezione. Ma ella rifiuta di sposarlo, preferendogli Paul Rée con cui vivrà per qualche tempo in libera unione a Berlino, suscitando lo scandalo dei benpensanti dell’epoca, tra i quali la sorella di Nietzsche con la quale il filosofo avrà sempre un rapporto conflittuale.
Nel 1883 pubblica la prima e la seconda parte di Così parlò Zarathustra. Frattanto il filosofo si era stabilito a Torino nella quale dà i primi segni di squilibrio. Ai primi del 1889 ha un crollo psichico e scrive lettere esaltate (i cosiddetti “biglietti della pazzia”) ad amici, a uomini di Stato e a membri di case regnanti. Alcuni destinatari di queste lettere avvertono Overbeck che, recatosi a Torino, trova l’amico in preda alla follia e lo porta con sé a Basilea, dove viene ricoverato in una clinica per malattie nervose.
Alla morte della madre viene preso in custodia dalla sorella, che aveva fondato un archivio a Weimar con il proposito di gestire l’eredità letteraria del fratello e conservarne i manoscritti. Intanto la fama di Nietzsche continua a crescere proprio quando il filosofo, immerso nella notte della follia, non poteva più rendersene conto. Alla sua morte, avvenuta a Weimar il 25 agosto del 1900, i libri che egli aveva pubblicato a sue spese correvano ormai per l’Europa.  
 

2. FILOSOFIA E MALATTIA
Nel passato la malattia di Nietzsche ha rappresentato un “argomento” di cui si è servita la critica per screditare il suo pensiero, infatti la malattia veniva considerata come qualcosa di esclusivamente negativo. In seguito in taluni settori della critica si tendeva piuttosto a valorizzare la malattia, scorgendo in essa una condizione vantaggiosa per il suo filosofare grazie alla quale Nietzsche avrebbe potuto attingere un punto di vista “abissale” e anticonformista sul mondo. Oggigiorno è un fatto ormai universalmente ammesso che la filosofia di Nietzsche vada giudicata per quello che oggettivamente dice e non per le vicissitudini esistenziali che ne stanno alla base.
 

3. NAZIFICAZIONE E DENAZIFICAZIONE
Il nome di Nietzsche è stato associato per lungo tempo alla cultura nazifascista. Questa lettura è stata agevolata dalle operazioni della sorella Elizabeth che ha operato delle falsificazioni dell’epistolario di Nietzsche e ha pubblicato una parte dei frammenti postumi sotto il titolo La volontà di potenza. Come risulta eccessiva la pretesa di attribuire a Nietzsche la “paternità” dell’ideologia nazionalsocialista. Anche se bisogna ammettere che nei testi di Nietzsche si trovano spunti antidemocratici e antiegualitari atti a favorire una lettura “reazionaria” o “di destra”. Le interpretazioni nazifasciste sono state radicalmente contestate nel dopoguerra nel corso di un vistoso processo di denazificazione. Anzi, negli ultimi decenni, alla figura di Nietzsche “nazista“ è subentrata la figura di Nietzsche “progressista” compagno di strada di Marx.
 

4. CARATTERISTICHE DEL PENSIERO E DELLA SCRITTURA DI NIETZSCHE
Il pensiero di Nietzsche è caratterizzato da una radicale messa in discussione della civiltà e della filosofia dell’Ottocento che si traduce in una distruzione delle certezze del passato. Quest’opera di demolizione del passato non si risolve in un semplice rifiuto delle teorie e dei comportamenti tradizionali, ma mette in discussione l’intera civiltà occidentale e il tipo di uomo a cui essa ha dato origine (un uomo sottomesso e risentito). A questo tipo di uomo Nietzsche propone un nuovo tipo di uomo: il superuomo o oltreuomo. Alla novità dei contenuti corrispondono novità nelle forme espressive:
• negli scritti giovanili è legato alla forma del saggio e del trattato;
• a partire da Umano, troppo umano opta per la forma breve dell’aforisma, cioè per l’illuminazione istantanea, finalizzata a cogliere le cose al volo. Nietzsche paragona l’aforisma alle figure in rilievo, che, essendo incomplete, devono essere completate dall’osservatore. Quindi l’aforisma esige «un’arte dell’interpretazione» ovvero una pratica che Nietzsche chiama «ruminare»;
Così parlò Zarathustra segue il modello della poesia in prosa ricca di simboli, allegorie e parabole;
• negli ultimi scritti prevalgono l’esposizione autobiografica e l’invettiva polemica.
Questi diversi stili hanno come attributo comune un tono personale e coinvolgente, lo stesso Nietzsche aveva affermato: «In tutte le opere che ho scritto, io ho messo dentro anima e corpo». Un altro carattere comune è l’asistematicità, in quanto Nietzsche non ha mai dato un ordine alle sue dottrine. Da ciò deriva la difficoltà d’’interpretazione della sua filosofia.
 

5. FASI O PERIODI DEL FILOSOFARE NIETZSCHEANO
L’opera di Nietzsche viene convenzionalmente suddivisa in alcune fasi:
1. gli scritti giovanili del periodo wagneriano-schopenhaueriano;
2. gli scritti intermedi del periodo “illuministico” o “genealogico”;
3. gli scritti del meriggio o di Zarathustra;
4. gli scritti del tramonto o degli ultimi anni.
 

6. IL PERIODO GIOVANILE
La prima opera del periodo giovanile è La nascita della tragedia (1872) in cui Nietzsche ricerca le categorie dello spirito greco che hanno dato origine al genere della tragedia. Ma più che un’opera filologica, La nascita della tragedia è un’opera filosofica perché non si limita a cercare le origini di un genere, ma cerca anche l’origine della cultura greca. Il motivo centrale dell’opera è la distinzione fra «apollineo» e «dionisiaco», i due impulsi che stanno alla base dello spirito e dell’arte greca. L’apollineo, che scaturisce da un impulso alla forma, all’armonia e da un atteggiamento di fuga di fronte al divenire, si esprime nella scultura e nella poesia epica. Il dionisiaco, che scaturisce dalla partecipazione al divenire, si esprime nella poesia lirica e nella musica. Originariamente lo spirito greco ha un carattere dionisiaco. Successivamente giunge l’impulso apollineo e, grazie al genio ellenico, tra i due impulsi viene creato un equilibrio con la nascita della tragedia attica (di Sofocle ed Eschilo). In un terzo momento, l’equilibrio tra i due impulsi viene dissolto dal prevalere dell’apollineo che trionfa sul dionisiaco. Ciò avviene con la tragedia di Euripide e con il razionalismo di Socrate. Comincia così la decadenza della tragedia e della civiltà occidentale, contro la quale Nietzsche propone un recupero convinto di Dioniso. Dioniso rappresenta il simbolo divinizzato di quella accettazione totale della vita nell’insieme dei suoi aspetti, che Nietzsche fa valere sia contro l’atteggiamento rinunciatario della morale tradizionale, sia contro il pessimismo e l’ascesi di Schopenhauer. Nietzsche è dell’opinione che Dioniso potrà essere recuperato grazie all’arte che permette di salvarsi dal soffocante impulso apollineo.
Nelle quattro Considerazioni inattuali Nietzsche si occupa della storia e si schiera apertamente contro la storicismo, che renderebbe l’uomo succube del passato e quindi incapace di vivere attivamente il presente e costruire il futuro. Infatti la cultura storicista, al pari di quella positivistica, fa dell’uomo il risultato di un processo necessario e in tal modo l’uomo finisce per accontentarsi di una sorta di consumismo della storia.
Indispensabile alla vita è l’oblio poiché per poter agire efficacemente nel presente, occorre saper dimenticare il passato. Nietzsche comunque ammette anche l’utilità della storia, cioè ritiene che la conoscenza del passato possa servire alla vita. Il filosofo individua tre tipi di storia:
storia monumentale, che fa conoscere all’uomo i grandi esempi del passato;
storia antiquaria, che fa conoscere all’uomo le sue origini, la tradizione;
storia critica, che ha un atteggiamento critico verso il passato e sprona all’azione.
 

7. IL PERIODO “ILLUMINISTICO”
L’opera con cui si apre il periodo illuministico è Umano, troppo umano. Tale periodo risulta caratterizzato dall’esplicito ripudio dei maestri di un tempo, Schopenhauer e Wagner, considerati da Nietzsche come espressione della decadenza moderna. Questo distacco ha come conseguenza il ripudio dell’arte e della metafisica e l’assunzione della scienza come guida alla verità. Nietzsche diventa così “illuminista”, non perché dotato della fiducia settecentesca nella religione e nel progresso, ma perché impegnato in un’opera di critica della cultura tramite la scienza, cioè tramite un metodo che, elevando il sospetto a regola d’indagine, ricerca le radici umane troppo umane di valori sovrumani.
Il frutto di questa critica è la filosofia del mattino che si identifica con la figura del viandante (abbozzo di superuomo), ossia colui che rinuncia ai valori tradizionali e si rapporta in modo inedito con il mondo.
Mentre l’analisi della morale sarà sviluppata soprattutto negli ultimi anni, la critica della metafisica trova la sua espressione più caratteristica nella teoria della «morte di Dio», annunciata in La gaia scienza. Per comprendere in modo adeguato che cosa significhi la «morte di Dio» occorre tenere presente che per Nietzsche Dio è:
• il simbolo di ogni prospettiva oltremondana che ponga il senso dell’essere al di là dell’essere, ovvero in un altro mondo contrapposto al questo mondo;
• la personificazione delle certezze ultime dell’umanità, ossia di tutte le credenze metafisiche e religiose elaborate attraverso i millenni per dare un “senso” e un ordine “rassicurante “ alla vita.
Dio quindi si configura come la quintessenza delle menzogne escogitate dall’uomo per poter fronteggiare l’orrore della vita e l’accettazione della sua morte rappresenta il presupposto necessario della transizione dall’uomo al superuomo.
 

8. PERIODO DI ZARATHUSTRA
Così parlò Zarathustra. Un libro per tutti e per nessuno apre al terza fase del filosofare nietzscheano. Questa fase comincia là dove si era conclusa la filosofia del mattino, ossia con la consapevolezza, propria della filosofia del meriggio, della fine della concezione dualistica della realtà. Dopo la «morte di Dio» si aprono due possibilità, l’ultimo uomo e il superuomo:
• l’ultimo uomo è il nichilista, colui che avverte di fronte all’essere lo sgomento del vuoto e del nulla, colui per il quale il mondo, dopo aver perso i  significati che i metafisici gli avevano attribuito, non ha più senso.
• il superuomo o oltreuomo, capace di creare nuovi valori e di rapportarsi in modo inedito con il mondo.
Zarathustra rappresenta il profeta del superuomo. In un passo di Ecce homo egli viene interpretato secondo il modello dell’autosoppressione della morale, ossia come colui che, essendo stato il primo ad aver tradotto la morale in termini metafisici, sarebbe stato anche il primo a essersi accorto dell’errore della morale.
Dal punto di vista concettuale, i temi di base dello Zarathustra sono sostanzialmente tre:
1. il superuomo (annunciato nella prima parte)
2. la volontà di potenza (annunciata nella seconda parte)
3. l’eterno ritorno (annunciato nella terza parte).

Il superuomo è colui che è in grado di:
- accettare la dimensione tragica e dionisiaca dell’esistenza;
- reggere la morte di Dio e la perdita delle certezze assolute;
- emanciparsi dalla morale e dal cristianesimo;
- porsi come volontà di potenza;
- procedere oltre il nichilismo;
- far propria la prospettiva dell’eterno ritorno.
In quanto tale, il superuomo non può che stagliarsi sull’orizzonte del futuro. Infatti, sebbene Nietzsche si sforzi di trovare nel passato i precursori del superuomo, non riesce a trovarli. L’Übermensch di cui parla il filosofo è piuttosto il tipo nuovo, cioè un essere radicalmente altro da quello che ci sta di fronte. Tant’è vero che, volendo evidenziale la differenza tra il superuomo e l’uomo, si può tradurre con «oltreuomo» l’espressione Übermensch, dove il prefisso über, più che indicare un tipo di uomo “potenziato”, sta a indicare un uomo-oltre-l’uomo.

La dottrina dell’eterno ritorno è di difficile interpretazione. Essa era già stata introdotta ne La gaia scienza, sottoforma di rivelazione di un demone: «Questa vita, come tu ora la vivi e l’hai vissuta, dovrai viverla ancora una volta e innumerevoli altre colte, e non ci sarà in essa mai niente di nuovo».
In una pagina di Ecce homo Nietzsche racconta di essere stato folgorato da questa idea durante una passeggiata in alta montagna; mentre la formulazione più eloquente e suggestiva della teoria dell’eterno ritorno la troviamo in Così parlò Zarathustra. Collocarsi nell’ottica dell’eterno ritorno vuol dire:
rifiutare una concezione lineare del tempo come catena di momenti, in cui ognuno ha senso solo in funzione degli altri;
ritenere che il senso dell’essere non stia fuori dell’essere, in un oltre irraggiungibile, ma nell’essere stesso:
disporsi a vivere ogni attimo come avente un valore in sé.
Ovviamente, il tipo di uomo capace di “decidere” l’eterno ritorno e quindi di vivere come se tutto dovesse ritornare, non può essere l’uomo che conosciamo, ma solo un oltreuomo.
 

9. L’ULTIMO NIETZSCHE
Nelle opere edite dell’ultimo periodo campeggiano i temi interconnessi della critica della morale e del cristianesimo. Al di là del bene e del male, pubblicata nel 1886, è una delle grandi opere nelle quali Nietzsche affronta il problema morale con quella spregiudicatezza che tanto scandalo ha suscitato e lo ha reso celebre. Secondo Nietzsche la morale, attraverso i tempi, è sempre stata considerata come un fatto evidente che si autoimpone all’individuo. Tant’è vero che, in ogni scienza morale esistita è sempre mancato il problema stresso della morale: cioè è mancato il sospetto che ci potesse essere, su questo punto, qualcosa di problematico. Di conseguenza, il primo passo da compiere nei confronti della morale, come afferma la prefazione della Genealogia della morale, è di mettere in discussione la morale stessa. Proprio in vista di ciò, Nietzsche intraprende un’analisi genealogica della morale. Da tale analisi la moralità si rivela come un assoggettamento dell’individuo a determinate direttive sociali. Da ciò i diversi tipi di morale:
• la morale dei signori (storicamente incarnato dalle aristocrazie del mondo classico), è quel tipo di morale che sgorga da un sentimento di pienezza o di potenza e che si esprime nei valori vitali della forza, della salute, della fierezza.
• la morale degli schiavi è quel tipo di morale che si esprime nei valori antivitali dell’umiltà, del disinteresse e della pietà e che sgorga da un sentimento di debolezza e di risentimento, che è l’odio impotente dei deboli verso i forti, ossia verso ciò che essi non sono e che segretamente vorrebbero essere.
Espressione emblematica di tale morale è l’ebraismo e il cristianesimo. Contro tale morale Nietzsche propone una trasvalutazione dei valori, cioè un capovolgimento dei valori ella morale tradizionale e la creazione di nuovi valori.

 

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