Lewis Carroll

LIFE (1832 - 1898)
Charles Lutwidge Dodgson, better known by his pen name Lewis Carroll, was a professor of mathematics at Oxford University. While teaching and writing books on mathematics, Dodgson gave expression to the other side of his personality, writing fantasy books. He was born in Cheshire into a large family; he remember his infancy as a period of great happiness, a kind of Wonderland, which he retained as an adult, and reproduced in his fantasy writing for the benefit of the other children, in particular of the little Alice Liddell, to whom he dedicated Alice’s Adventures in Wonderland.


ACHIEVEMENT
Lewis Carroll is regarded as England’s greatest fantasy writer. He shares with Edward Lear, a writer of “nonsense verse” and James Matthew Barrie, the author of Pater Pan, the ability to see the world with the eyes of a child, and at the same time find in fantasy a way expressing their own need to escape the constrictions of Victorian age.
Besides Alice’s Adventures in Wonderland, he wrote its sequel Through the Looking Glass.

Alice’s Adventures in Wonderland

The prevailing theme in Alice’s Adventures in Wonderland is the theme of reversal. “Wonderland” is set in an underground world of nonsense and absurdity, where not only the “aboveground” manners and costumes are questioned, but also the notions of educations, logic, identity, sanity, space and time are ridiculed.
Alice dreams she pursues a White Rabbit down a rabbit-hole to an underground world, or “Wonderland”, where she encounters such strange creatures as the Duchess and the Cheshire Cat, the Mad Hatter and the March Hare, the King and the Queen of Hearts, and the Mock Turtle. These strange creatures are free from facts and common sense, and are at the same time frighteningly aggressive and self-righteous, as adults can be.

 

From Alice’s Adventures in Wonderland, QUESTIONS WITHOUT ANSWERS

Traduzione

C’era un tavolo apparecchiato sotto un albero davanti alla casa, dove la Lepre Marzolina e il Cappellaio stavano prendendo il tè: un Ghiro era seduto in mezzo a loro, profondamente addormentato, e gli altri due ci appoggiavano i gomiti e parlavano sopra la sua testa. “Molto scomodo per il Ghiro,” pensò Alice, “però, poiché è addormentato, suppongo che non ci faccia caso.”
Il tavolo era grande, ma i tre erano tutti stipati in un angolo. “Non c’è posto! Non c’è posto!” gridarono appena videro Alice arrivare. “C’è posto in abbondanza!” disse Alice indignata, e si sedette su un’ampia poltrona a capotavola.
“Serviti del vino,” la Lepre Marzolina disse con tono suadente.
Alice diede uno sguardo a tutto il tavolo, ma non c’era altro che tè. “Non vedo vino,” osservò.
“Non ce n’è,” disse la Lepre Marzolina.
“Allora non è stato molto educato offrirlo,” disse Alice irritata.
“Non è stato molto educato da parte tua sederti senza essere invitata,” disse la Lepre Marzolina.
“Non sapevo che fosse il vostro tavolo,” disse Alice; “è apparecchiato per molti più di tre.”
“Dovresti farti tagliare i capelli,” disse il Cappellaio. Osservava Alice da un po’ di tempo con grande curiosità, e questo fu il suo primo discorso.
“Non dovresti fare osservazioni personali,” Alice disse piuttosto severamente; “è molto scortese.”
Il Cappellaio spalancò gli occhi a sentire ciò; ma tutto ciò che disse fu “Perché un corvo assomiglia a una scrivania?”
“Bene, ci divertiremo adesso!” pensò Alice. “Sono contenta che abbiano cominciato a giocare agli indovinelli – Credo di poterlo indovinare,” aggiunse a voce alta.
“Intendi dire che credi di poter trovare la risposta?” disse la Lepre Marzolina.
“Precisamente,” disse Alice.
“Allora dovresti dire ciò che intendi dire,” la Lepre Marzolina continuò.
“Lo faccio,” Alice prontamente replicò: “perlomeno – perlomeno io intendo dire ciò che dico – che è la stessa cosa, sai.”
“Non è la stessa cosa per niente!” disse il Cappellaio. “Potresti allo stesso modo dire che ‘Vedo ciò che mangio’ sia la stessa cosa di ‘Mangio ciò che vedo’!” […]
“Potresti allo stesso modo dire,” aggiunse il Ghiro, il quale sembrava parlasse nel sonno, “che ‘Respiro quando dormo’ sia la stessa cosa di ‘Dormo quando respiro’!”
“È la stessa cosa per te,” disse il Cappellaio, e qui la conversazione cadde e il gruppo sedette in silenzio per un minuto, mentre Alice pensava a tutto ciò che ricordava sui corvi e sulle scrivanie, il che non era molto.
Il Cappellaio fu il primo a rompere il silenzio. “Che giorno del mese è oggi?” disse, rivolgendosi ad Alice: si era tolto l’orologio di tasca e lo stava guardando perplesso, scrollandolo di tanto in tanto e portandoselo all’orecchio.
Alice meditò un attimo e poi disse: “Il quattro.”
“Sfasato di due giorni!” sospirò il Cappellaio. “Te l’avevo detto che il burro non va bene per gli ingranaggi!” aggiunse, guardando furioso la Lepre Marzolina.
“Era il burro migliore!” la Lepre Marzolina docilmente rispose.
“Sì, ma anche delle briciole devono esserci entrate,” il Cappellaio brontolò: “non avresti dovuto spalmarlo con il coltello del pane.”
La Lepre Marzolina prese l’orologio e lo guardò con sconforto: poi lo tuffò nella sua tazza di tè e lo guardò di nuovo: ma non riuscì a pensare a nulla di meglio da dire rispetto alla sua prima osservazione: “Era il burro migliore, lo sai.”
Alice aveva guardato sopra la sua spalla con una certa curiosità. “Che buffo orologio!” osservò. “Dice il giorno del mese, e non dice l’ora!”
“Perché dovrebbe?” borbottò il Cappellaio. “Il tuo orologio ti dice in che anno siamo?”
“Naturalmente no,” rispose Alice con prontezza: “ma perché sta sullo stesso anno per così tanto tempo.”
“Che è esattamente il caso del mio,” disse il Cappellaio.
Alice si sentì terribilmente perplessa. La considerazione del Cappellaio sembrava non avere alcun significato, eppure era sicuramente in inglese. “Non capisco proprio,” disse con tutta la gentilezza possibile.
“Il Ghiro si è addormentato di nuovo,” disse il Cappellaio, e versò un po’ di tè bollente sul suo naso.
Il Ghiro scosse il capo insofferente e disse, senza aprire gli occhi: “Naturalmente, naturalmente: quello che stavo per osservare anch’io.”
“Hai trovato la soluzione dell’indovinello, allora?” il Cappellaio disse, rivolgendosi ad Alice di nuovo.
“No, ci rinuncio” Alice replicò. “Qual è la risposta?”
“Non ne ho la minima idea” disse il Cappellaio.
“E nemmeno io” disse la Lepre Marzolina.
Alice sospirò esausta. “Penso che dovreste usare un po’ meglio il tempo,” disse, “invece di sprecarlo proponendo indovinelli senza risposta.”
“Se tu conoscessi il Tempo bene come me,” disse il Cappellaio, “non parleresti di sprecarlo (it). È lui (him).”
“Non so cosa intendi dire,” disse Alice.
“Certo che non lo sai!” il Cappellaio disse, scuotendo la testa in modo sprezzante. “Suppongo che non hai mai neanche parlato al Tempo!”
“Forse no,” Alice cautamente rispose: “ma so che devo battere il tempo quando imparo la musica.”
“Ah, ecco! Tutto si spiega!” disse il Cappellaio. “Lui non sopporta essere battuto. Vedi, se solo tenessi buoni rapporti con lui, farebbe quasi qualunque cosa di tuo gradimento con l’orologio. Per esempio, supponi che siano le nove del mattino, proprio quando iniziano le lezioni: dovresti solo bisbigliare un cenno al Tempo, e l’orologio girerebbe in un istante! L’una e mezza, l’ora del pranzo!”
(“Vorrei proprio che lo fosse,” la Lepre Marzolina disse fra sé e sé bisbigliando.)
“Sarebbe fantastico, indubbiamente” disse Alice con aria pensosa: “ma dopo tutto – non avrei ancora fame, sai.”
“Non subito, forse,” disse il Cappellaio: “ma potresti tenerlo fermo all’una finché vuoi.”
“È questo ciò che tu fai?” Alice domandò.
Il Cappellaio scosse il capo tristemente. “Non io!” rispose. “Abbiamo litigato il marzo scorso – poco prima che lei diventasse matta, sai –” (indicando con il cucchiaino la Lepre Marzolina), “– fu al grande concerto dato dalla Regina di Cuori, e io dovevo cantare
‘Luccica, luccica, piccolo pipistrello! / Mi chiedo a cosa stai pensando!’
Forse conosci questa canzone?”
“Ho sentito qualcosa del genere,” disse Alice.
“Prosegue, sai,” il Cappellaio continuò, “in questo modo:
‘In alto sul mondo voli, / Come un vassoio da tè nel cielo. / Luccica, luccica –’”
A questo punto il Ghiro si scrollò e cominciò a cantare nel sonno “Luccica, luccica, luccica, luccica –” e continuò così a lungo che dovettero dargli dei pizzicotti per farlo smettere.
“Dunque, avevo quasi finito la prima strofa,” disse il Cappellaio, “quando la Regina scattò in piedi e urlò “È fuori tempo! Tagliategli la testa!”
“Com’è orribile e feroce!” esclamò Alice.
“E da quel momento” il Cappellaio continuò con tono afflitto, “non vuol far niente di quanto gli chiedo. Sono sempre le sei adesso.”
Un’idea brillante venne alla mente di Alice. “È quello il motivo per cui così tanti servizi da tè sono apparecchiati?” chiese.
“Sì, è quello,” disse il Cappellaio con un sospiro: “È sempre l’ora del tè, e non abbiamo il tempo di lavare i servizi negli intervalli.”
“Quindi continuate a spostarvi intorno, suppongo?” disse Alice.
“Esattamente così,” disse il Cappellaio: “man mano che i servizi vengono usati.”
“Ma cosa succede quando ritornate all’inizio?” Alice si azzardò a chiedere.
“Che ne dite di cambiare argomento,” la Lepre Marzolina interruppe, sbadigliando. “Mi sto stancando di questo. Voto affinché la giovane donna ci racconti una storia.”

 

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