Locke

 

Locke è considerato il padre dell’“empirismo moderno”, corrente della filosofia moderna che si sviluppa a cavallo tra il Seicento e il Settecento. Sul piano storico-genetico l’empirismo moderno è il frutto dell’empirismo tradizionale (che risale ad Aristotele e arriva ad Ockham) con il cartesianesimo (da cui desume concetti e terminologia) e con la rivoluzione scientifica (da cui deriva l’appello all’esperienza). L’empirismo moderno si basa su due capisaldi o assunti:
1) Tutto il sapere che la ragione riesce ad elaborare ha come origine i dati ricavati dall’esperienza;
2) Le teorie elaborate dalla ragione sulla base dell’esperienza devono essere verificate nell’esperienza.
Da tali assunti derivano due atteggiamenti:
atteggiamento critico e limitativo nei confronti delle possibilità conoscitive dell’uomo;
atteggiamento anti-metafisico poiché si pensa che tutto ciò che va oltre l’esperienza non può essere spiegato dalla ragione. Questa tendenza anti-metafisica sarà fatta valere in modo rigoroso soltanto da Hume, in quanto né Locke, né Berkeley tagliano completamente i ponti con la metafisica.
 

1. VITA E OPERE
Nato il 29 agosto 1632 a Wrington, John Locke visse la sua giovinezza nel periodo turbinoso della storia inglese nel quale cadde la prima rivoluzione (1642-1651) e la decapitazione di Carlo I (1649). Studiò all’Università di Oxford. Nel 1658 conseguì il grado di maestro delle arti e fu chiamato a insegnare nella stessa Università di Oxford. Nel 1666 cominciò ad occuparsi di studi naturali e a studiare medicina. Si occupava anche di problemi economici e politici e nella politica militante entrò verso i 35 anni, quando divenne segretario di Lord Ashley, che fu in seguito conte di Shaftesbury. Nel 1672 Lord Ashley fu creato Lord cancelliere e Locke partecipò attivamente alla vita politica, nonostante la sua salute cagionevole. Nel 1675 Shaftesbury cadde in disgrazia del re Carlo II e Locke si ritirò in Francia dove visse circa quattro anni. Tornò a Londra verso la fine del 1679 per essere di nuovo vicino a Shaftesbury che era ritornato al potere. Ma questi, incolpato di alto tradimento, fu costretto a fuggire in Olanda dove morì poco dopo (1682). Nonostante il suo contegno prudente, Locke cadde in sospetto e nel 1683 si recava volontario in esilio in Olanda dove rimase per più di cinque anni. Locke ritornò a Londra nel 1689 in seguito alla Gloriosa Rivoluzione. Cominciò allora il periodo più intenso della sua attività letteraria. Nel 1689 usciva anonima la sua Epistola sulla Tolleranza. Nel 1690 uscirono, sempre anonimi, i Due trattati sul governo. E nel 1690 comparve anche il Saggio sull’intelletto umano che ebbe subito un grande successo. Sin dal 1691 Locke aveva accettato l’ospitalità di Sir Francis Masham nel castello di Oates (Essex) dove morì il 28 ottobre 1704.
 

2. RAGIONE ED ESPERIENZA
Per Locke la ragione è un’entità finita e imperfetta. Egli infatti non attribuisce alla ragione i caratteri che Cartesio le aveva attribuito:
• la ragione non è unica o uguale in tutti gli uomini perché essi ne partecipano in misura diversa;
• la ragione non è infallibile perché le idee di cui la mente dispone sono spesso in numero limitato o sono oscure o non si lasciano concatenare tra loro in forma di ragionamento;
• la ragione non può ricavare da sé principi e idee ma deve ricavarli dall’esperienza.
Ma la ragione, debole e imperfetta com’è, è l’unica guida di cui l’uomo dispone e tutta l’opera di Locke è diretta a estendere il campo d’azione della ragione a tutto ciò che interessa l’uomo, quindi alla morale, alla politica e alla religione. La stessa idea dell’opera maggiore di Locke, Saggio sull’intelletto umano, nacque dal bisogno di affrontare problemi non strettamente filosofici come Locke afferma in una Epistola a lettore premessa al Saggio. L’idea di tale opera nacque in occasione di una riunione di cinque o sei amici, durante la quale si discuteva senza trovare alcuna soluzione ai dubbi. Allora venne in mente a Locke che era necessario esaminare le capacità proprie dell’uomo e vedere quali oggetti il suo intelletto fosse o non fosse capace di considerare. Da allora Locke iniziò il lavoro per il Saggio e da allora è nata la prima indagine critica diretta a stabilire le effettive possibilità umane con il riconoscimento dei limiti che sono propri dell’uomo. Questi limiti sono proprio dell’uomo perché sono propri della sua ragione, ma sono propri della ragione perché essa è limitata dall’esperienza che le fornisce il materiale che essa adopera. La ragione controllata dall’esperienza impedisce all’uomo di avventurarsi in problemi che sono al di là delle sue capacità, come per esempio quella della metafisica tradizionale.
 

3. LE IDEE SEMPLICI E LA PASSIVITÀ DELLA MENTE
Locke afferma come Cartesio che il punto di partenza della sua indagine è l’idea intesa come pensiero. Cartesio aveva affermato che le idee potevano essere innate o potevano essere il frutto di una spontaneità creatrice dell’intelletto umano. Locke afferma invece che le idee derivano esclusivamente dall’esperienza. Questa tesi anti-innatista è sostenuta da due argomenti:
I ARGOMENTO. Il primo argomento afferma che non ci sono idee o principi innati, perché se ci fossero dovrebbero possederli tutti, quindi anche i bambini, gli idioti e i selvaggi, ma poiché da queste persone non sono pensate, esse non esistono in loro, perciò non possono essere innate. Allora si potrebbe dire che essi posseggono tali idee ma non ne sono consapevoli, ma ciò è assurdo perché un’idea per esistere deve essere pensata.
II ARGOMENTO. Locke sostiene che non esistono idee create dall’uomo perché neanche l’intelletto più potente è capace di creare un pensiero. Ogni nuova idea è il frutto dell’unione di idee semplici tratte dall’esperienza.
Locke distingue due tipi di esperienza:
• l’esperienza della realtà esterna (le cose naturali) o senso esterno da cui derivano le idee semplici di sensazione o sensazioni;
• l’esperienza della realtà interna (lo spirito) o senso interno da cui derivano le idee semplici di riflessione.
Sono idee di sensazione tutte le qualità che attribuiamo alle cose, mentre sono idee di riflessione tutte le idee che si riferiscono a operazioni del nostro spirito (la percezione, il pensiero, il dubbio, il ragionamento). Per quanto riguarda le qualità (da cui derivano le sensazioni) Locke fa la stessa distinzione fatta da Cartesio, Galileo e Democrito. Le qualità possono essere:
qualità primarie: sono quelle originarie dei corpi e inseparabili da essi, ossia proprietà oggettive quali l’estensione, la figura, il movimento ecc.
qualità secondarie: sono quelle che non esistono nei corpi, ma sono prodotte in noi dalle varie combinazioni delle qualità primarie, ossia proprietà soggettive, quali i colori, i suoni, i sapori, gli odori ecc.

Nel ricevere le idee semplici lo spirito è puramente passivo, diventa attivo nel servirsi di tale idee come di un materiale per le sue costruzioni, cioè per riunire e organizzare in vario modo le idee semplici per creare idee complesse. Le idee complesse sono di tre tipi:
• i modi: idee non sussistenti di per sé ma solo come affezioni di una sostanza (es. bellezza, bontà)
• le sostanze: idee complesse sussistenti di per sé (vale a dire che la mente per pensarle non ha bisogno di attribuirle ad altro, ad esempio uomo, piombo, pecora). È particolarmente importante l’analisi critica per ciò che concerne l’idea complessa di sostanza. Considerando che varie idee semplici sono costantemente unite fra loro, la nostra mente è portata inavvertitamente a considerarle come un’unica idea semplice; e poiché non arriva a immaginare come un’idea semplice possa sussistere di per sé, si abitua a supporre un qualche substratum che ne sia alla base. Ciò vale sia per la sostanza corporea sia per la sostanza spirituale: la prima è il substrato sconosciuto delle qualità sensibili, a seconda è il substrato altrettanto sconosciuto delle operazioni dello spirito.
• le relazioni: idee che scaturiscono dal mettere a confronto due o più idee e nell’istituire fra esse un rapporto. Le più importanti sono quelle di causa-effetto, di identità e di diversità.

L’attività dello spirito si manifesta anche nella formazione di idee generali a partire da idee particolari. Locke abbraccia la dottrina nominalistica esposta nel XIV secolo da Guglielmo di Ockham affermando che le idee generali sono segni di cose particolari aventi fra loro qualche affinità. Tale idee sono ottenute mediante un processo di «astrazione» che, prescindendo dalle differenze specifiche, si fissa su ciò che è comune a esse.
 

4. LA CONOSCENZA E LE SUE FORME
La mente è in possesso di idee semplici e complesse ma possedere idee non significa conoscerle. La conoscenza consiste nella percezione di un accordo o di un disaccordo delle idee tra loro. Come tale, la conoscenza può essere di due specie diverse:
conoscenza intuitiva, quando l’accordo o il disaccordo di due idee è visto immediatamente e in virtù di queste idee stesse, senza l’intervento di altre idee;
conoscenza dimostrativa, quando l’accordo o il disaccordo tra due idee non è percepito immediatamente ma viene reso evidente mediante l’uso di idee intermedie chiamate prove. La conoscenza dimostrativa consiste evidentemente in una catena di conoscenze intuitive.
Quindi la certezza della dimostrazione si fonda su quella dell’intuizione. Ma specialmente nelle lunghe dimostrazioni, quando le prove sono molto numerose, l’errore diventa possibile, per questo la conoscenza dimostrativa è molto meno sicura di quella intuitiva.
Accanto a questi due tipi di conoscenze, c’è la conoscenza delle cose esistenti al di fuori delle idee. Tale problema discende dall’impostazione stessa della filosofia lockiana. Infatti, se lo spirito, in tutti i suoi pensieri e ragionamenti, ha a che fare solo con le idee, in che modo si può giungere a conoscere una realtà diversa dalle idee? Locke risponde che ci sono tre ordini di realtà (l’io, Dio e le cose) e tre modi diverse di giungere alla certezza di tali realtà:
• L’esistenza dell’io è affermata attraverso l’intuizione. Locke si avvale del procedimento cartesiano: io penso, ragiono, dubito e con ciò intuisco la mia propria esistenza e non posso dubitare di essa.
• L’esistenza di Dio è affermata tramite la dimostrazione: Locke rielabora la prova causale della tradizione dicendo che il nulla non può produrre nulla; se qualcosa c’è (l’io) vuol dire che è stata prodotta da un’altra cosa, e non potendo risalire all’infinito, si deve ammettere un essere eterno che ha prodotto ogni cosa. Questo essere eterno, potentissimo e intelligentissimo è Dio.
• L’esistenza del mondo è affermata attraverso la sensazione e precisamente attraverso la sensazione attuale: «solo la ricezione attuale delle idee dall’esterno ci dà notizia dell’esistenza delle altre cose e ci fa conoscere che in quel momento esiste fuori di noi qualcosa che è causa dell’idea in noi». Quando invece l’oggetto non è più testimoniato dai sensi, la certezza della sua esistenza sparisce ed è sostituita da una semplice probabilità.
Perciò Locke, accanto al dominio della conoscenza certa, che è limitata all’intuizione (esistenza dell’io), alla dimostrazione (esistenza di Dio) e alla sensazione attuale (esistenza delle cose), ammette il dominio della conoscenza probabile, che è molto più esteso. La conoscenza certa e quella probabile costituiscono il dominio della ragione. Dalla ragione si distingue la fede, che è fondata soltanto sulla rivelazione. La ragione rimane tuttavia il criterio della fede stessa perché solo essa può decidere sull’attendibilità e sul valore della rivelazione.

 

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