Parte I - Titolo II - Rapporti etico-sociali

 

Il passaggio dallo Stato liberale allo Stato sociale (Welfare State) è stato segnato dal cambiamento e dall’ampliamento dei compiti delle istituzioni statali e locali in relazione alle esigenze emergenti nella società a tutela dei soggetti economicamente e socialmente più deboli.
Per questo motivo la Costituzione tutela il novero dei diritti sociali che consistono nella pretesa del singolo a ottenere determinate prestazioni sia dall’amministrazione statale sia da parte dei datori di lavoro (sotto il controllo dello Stato) per essere in grado di poter soddisfare i bisogni minimi vitali che consentano un’esistenza libera e dignitosa (art. 36). Possono considerarsi a «rilevanza sociale» quei diritti riconosciuti all’uomo in qualità di membro delle formazioni sociali, cioè quei diritti che spettano all’individuo in quanto «essere sociale» e, perciò, integrato e partecipe della vita della comunità di cui è parte.

Ai rapporti etico-sociali appartiene innanzitutto la famiglia intesa come società naturale fondata sul matrimonio basata sulla piena uguaglianza morale e giuridica dei coniugi. I diritti della famiglia rientrano nella categoria dei diritti inviolabili che la Costituzione riconosce e garantisce alla comunità familiare intesa come primaria «formazione sociale» dell’ordinamento. La famiglia ha un ruolo fondamentale nel processo evolutivo dell’uomo e, in virtù di ciò, la Costituzione dedica ad essa numerose disposizioni che evidenziano il principio del «favor familiae».

Anche la scuola rientra nei rapporti etico-sociali, in quanto rappresenta la comunità sociale destinata alla formazione e istruzione dei futuri cittadini, nonché al progresso culturale, morale e sociale di tutta la comunità. Essa richiede un’organizzazione democratica, in cui si equilibrino l’esercizio dei diritti e l’adempimento dei relativi doveri da parte di tutti i protagonisti e cioè gli alunni, i genitori e i docenti. La Repubblica partecipa direttamente a tali iniziative istituendo scuole di ogni ordine e grado e stimolandone la crescita culturale dei singoli e della collettività (art. 9, comma 2 Cost.).

Nel titolo dedicato ai rapporti etico-sociali rientra, infine, la tutela della salute, sia individuale che collettiva, che lo Stato persegue mediante la predisposizione degli strumenti per la prevenzione delle malattie, nonché per la cura delle stesse.

    Articolo 29

    La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio.
    Il matrimonio è ordinato sull'uguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell'unità familiare.



    Il Titolo Secondo della parte dedicata ai diritti e doveri dei cittadini si apre con l'enunciazione dei principi relativi alla famiglia, prima e più importante cellula della società che, secondo l'interpretazione che la considera una «società naturale», procede alla nascita dello Stato e rappresenta sia l'ambito naturale che quello etico e giuridico in cui l'individuo generalmente si forma. Ciò spiega perché la Costituzione riconosce, ma non crea i «diritti della famiglia» nello stesso modo dei diritti inviolabili dell'uomo. Secondo il dettato costituzionale, la base dell'unione familiare è il matrimonio, con la conseguenza che solo a seguito della sua celebrazione (sia in forma civile che religiosa) nasce la famiglia legittima. La Costituzione, però, non si limita a «riconoscere la funzione primaria della famiglia» ma individua e predispone, nei successivi articoli 30-31, gli obiettivi di politica legislativa concernenti la principale formazione sociale del nostro ordinamento. La libertà di contrarre matrimonio, costituendo un diritto inviolabile dell'essere umano, è pienamente riconosciuta anche agli stranieri immigrati residenti in Italia. Nel nostro Paese con la L. 94/2009 al fine di contrastare i «matrimoni di comodo» è stato introdotto l'obbligo per lo straniero che contrae matrimonio nel nostro Paese di esibire previamente la regolarità del soggiorno. Tale obbligo è stato, però, dichiarato, con sentenza 2045/2011 della Corte costituzionale, costituzionalmente illegittimo perché in contrasto con un diritto inviolabile dell’uomo.

    Articolo 30

    È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio.
    Nei casi di incapacità dei genitori, la legge provvede a che siano assolti i loro compiti.
    La legge assicura ai figli nati fuori del matrimonio ogni tutela giuridica e sociale, compatibile con i diritti dei membri della famiglia legittima.
    La legge detta le norme e i limiti per la ricerca della paternità.



    L’articolo che disciplina i diritti dei figli (alla luce del principio di eguaglianza e della tutela dei soggetti più deboli) enuncia un potere-dovere di immediata rilevanza sociale e penalmente sanzionabile per garantire la formazione e crescita morale e intellettuale dei figli. In particolare, in tale diposizione sono enunciati tre principi fondamentali:
    1. il dovere e il diritto dei genitori di occuparsi dei figli, con riferimento non solo all’adempimento dell’obbligo alimentare, ma anche alla loro crescita;
    2. il dovere dello Stato di sopperire e integrare, qualora se ne ravvisa la necessità, l’azione dei genitori giungendo fino alla dichiarazione di adottabilità del minore;
    3. l’uguaglianza dei diritti dei figli, senza distinguere fra nati in costanza di matrimonio e quelli nati fuori dal matrimonio (ex L. 10/2012) cui viene assicurata ogni forma di tutela giuridica e sociale che, però, deve essere mantenuta compatibile con i diritti di una eventuale famiglia legittima.
    Da una visione di insieme di tali principi emerge il quadro complessivo della funzione della potestà genitoriale che costituisce il dovere educativo diretto alla promozione delle potenzialità dei figli e allo sviluppo. È, dunque, necessario che nella compagine familiare si stabilisca un bilanciamento fra il modello di vita suggerito e consigliato dai genitori e il carattere, le tendenze e le potenzialità espresse dal minore.

    Articolo 31

    La Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l'adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose.
    Protegge la maternità, l'infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo.



    La disposizione ha natura e contenuto programmatico ed esprime un ampio favor sia nei confronti della famiglia che della madre del nascituro e del minore. Individua, inoltre, a livello costituzionale, i cardini di un articolato programma di sostegno della comunità familiare e della protezione dell’infanzia e della gioventù.
    In base al principio della protezione della maternità è stato riconosciuto che le donne clandestine gravide non possono essere espulse, ma hanno diritto all’assistenza sanitaria gratuita ed una eccezionale deroga all’espulsione fino a sei mesi successivi al parto.
    La politica di intervento pubblico a favore della famiglia trova ulteriori specificazioni in altri articoli della Costituzione, ad esempio nell’art. 34 con riferimento ai figli capaci e meritevoli nello studio, oppure all’art. 36 con riferimento alla retribuzione del lavoratore in relazione alla necessità di provvedere alla sua famiglia.

    Articolo 32

    La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti.
    Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana



    Diversamente dallo Statuto Albertino (che non conteneva alcun riferimento al riguardo), la Costituzione qualifica la salute come diritto fondamentale dell’individuo e, al tempo stesso, come interesse primario della collettività.
    La Carta costituzionale italiana è stata la prima, fra quelle europee, a riconoscere e tutelare un «diritto alla salute» inteso come valore costituzionale primario sia per la sia inerenza alla persona, sia per la sua valenza di diritto sociale: né la Costituzione francese del 1958 né quella tedesca del 1949 contengono una esplicita previsione di tale diritto: solo con le Costituzioni più recenti è stata enunciato tale principio.
    La salute come diritto fondamentale alla tutela del benessere fisico, mentale e sociale del singolo si articola in due significati: uno oppositivo e l’altro pretensivo.
    Sotto il primo profilo, viene in rilievo il diritto (erga omnes) all’integrità fisica in tutte le sue attività in cui si realizza la sua personalità considerato come diritto primario assoluto, azionabile, cioè, anche nei rapporti tra i provati e che può dare anche luogo all’obbligo di riparazione in caso di violazione: questo aspetto ha trovato la sua più importante applicazione nel riconoscimento giurisprudenziale del «danno biologico».
    Sotto il secondo profilo, il diritto alla salute rappresenta il diritto di prestazione ovvero la pretesa di tutti coloro che risiedono e operano sul territorio dello Stato ad ottenere cure e assistenza adeguata dai pubblici poteri e costituisce il «diritto ai trattamenti sanitari» che prevede, per la sua pienezza ed effettività, la prestazione di cure gratuite agli indigenti.
    Il secondo comma dell’art. 32 pone due limiti all’intervento dello Stato:
    1.  solo la legge può obbligare l’individuo (cittadino o straniero) ad un determinato trattamento sanitario;
    2.  la legge non può violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.
    Infine, si ricordi che sono ammessi trattamenti sanitari obbligatori (o addirittura coattivi) solo se necessari per la tutela della salute della collettività e della incolumità delle altre persone in quanto non è consentito imporre un trattamento sanitario per tutelare la salute del soggetto, senza la necessità a vantaggio dell’interesse collettivo.
    Il diritto alla salute per un costante orientamento dottrinario e giurisprudenziale non può non collegarsi «diritto ad un ambiente salubre» in quanto il delicato sistema ecologico che deve essere mantenuto, rispettato e tutelato da tutti i soggetti pubblici e in particolare dalle Regioni che godono di una potestà legislativa autonoma in tale settore.
    Ciò spiega l’attenzione del legislatore che ha portato all’emanazione del Codice dell’Ambiente ispirato a sancire i seguenti principi:
    - sviluppo sostenibile per non compromettere la sopravvivenza delle generazioni future;
    - prevenzione ambientale per non compromettere l’ambiente;
    - risarcimento ambientale in applicazione del principio secondo il quale chi inquina paga;
    - correzione dei danni ambientali già presenti sul territorio.

    Articolo 33

    L'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento.
    La Repubblica detta le norme generali sull'istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi.
    Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato.
    La legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, deve assicurare ad esse piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali.
    È prescritto un esame di Stato per l'ammissione ai vari ordini e gradi di scuole o per la conclusione di essi e per l'abilitazione all'esercizio professionale.
    Le istituzioni di alta cultura, università ed accademie, hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato.

    Articolo 34

    La scuola è aperta a tutti.
    L'istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita.
    I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi.
    La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso.