Geoffrey Chaucer

LIFE (1340 c. - 1400)
Geoffrey Chaucer was born in London into the family of a wealthy merchant and received a good education. After his studies, he found a place in the royal household. In 1373, Chaucer made the first of a number of journeys to France and Italy. During his stay in Italy he encountered the works of Dante, Petrarch and Boccaccio, who would have a profound influence on his mature work. On his return to England, Chaucer continued to work as a royal official and to write poetry until his death in 1400.


ACHIEVEMENT
Chaucer’s literary production is usually divided into three periods. The first period includes:
Le Roman de la Rose, an unfinished translation of the French allegorical poem by Guillamme de Lorres and Jean de Meung;
The book of the Duchess, an allegorical lament on the death of John of Gaunt’s first wife.
The second period includes:
Troiens and Criseyde, from Boccaccio’s Filostrato about the Trojan hero and faithless love;
The house of Fame, an unfinished allegory about the poet being carried away in a dream by an eagle to the house of Fame, partly indebted to Dante and Ovid;
The legend of Good Women drawing an Ovid’s Heroides, made up of an allegorical prologue and nine stories of women;
The Parliament of Fowls, rich in comic spirit, about a gothering mates birds that must to choose their mates.
The third period includes The Canterbury Tales.

The Canterbury Tales

In The Canterbury Tales, published around 1387, Chaucer chose the framework of a pilgrimage to set his tales in. Collections of stories inside a framework were common in the Middle Ages. The most famous Mediaeval framing tale is Boccaccio’s Decameron.
Chaucer inserted his tales into the framework of a pilgrimage to the shrine of Thomas Becket, in Canterbury. Each of the pilgrims, including Chaucer himself, who met at the Tabard Inn, decided to tell two tales on the road from London to Canterbury and two on the way back.
The General Prologue provides a detailed representation of real individuals who are at the same time representatives of Mediaeval society. After a classical poetic introduction, Chaucer introduces the first pilgrim, a Knight, who represent the highest rank of all the pilgrims. Then Chaucer describes characters who represents the Church: a Prioress accompanied by a nun, a monk, a friar and a parson. There follow short descriptions of other pilgrims such as a merchant, a clerk, a sergeant of law, a franklin, a haberdasher, a weaver, a dyer, a cook, a shipman, a doctor of physic, a wife of Bath.
The pilgrims are embodiments of the main traits of the classes they belong to, because the poet’s intention is not only to mirror Mediaeval society but also to satirize the corruption that occurs within the three Mediaeval social estates: the nobility, the clergy and the peasantry.

From The Canterbury Tales, GENERAL PROLOGUE

Traduzione

Quando i dolci acquazzoni di aprile hanno penetrato
la siccità di marzo, e l’hanno penetrata fino alla radice,
e ogni vena è impregnata di quell’umidità
la cui forza che risveglia genererà i fiori
e quando anche il vento occidentale col suo dolce soffio  
ha dato vita in ogni bosco e campo
ai teneri germogli, e quando il giovane sole
ha percorso metà del suo cammino in Ariete,
e quando gli uccellini cantano melodiosi,
che dormono tutta la notte ad occhi aperti, 
(la natura così li stimola e li spinge);
allora le persone desiderano andare in pellegrinaggio.

From The Canterbury Tales, THE PRIORESS

Traduzione

Ther was also a nonne, a prioresse,
that of hir smiling was ful simple and coy,
hir gretteste ooth was but by sainte Loy!
And she was cleped Madame Eglantine.
C’era anche una monaca, una priora,
il cui sorriso era spontaneo e decoroso
la sua più grande imprecazione era solo “Per Sant’Eligio!”
ed era conosciuta come Madam Eglantina.
Cantava nelle funzioni religiose graziosamente 
e con accento nasale, piacevolmente intonata,
e parlava in francese bene e elegantemente
poiché le era stato insegnato a Stratford-at-Bow,
perché il francese di Parigi le era sconosciuto.
Buone maniere a tavola aveva imparato anche: 
non lasciava mai una briciola dalla sua bocca cadere,
non si sporcava le dita, intingendo a fondo
nella salsa; quando portava alle sue labbra
qualche boccone, stava attenta a non versare
neppure una piccola goccia sul suo seno. 
Il suo più grande piacere era per le buone maniere.
Di solito si puliva il labbro superiore così bene,
nessuna traccia di grasso dentro la sua tazza si vedeva,
neanche la più piccola macchia, quando aveva bevuto da essa.
Molto elegantemente allungava la mano per prendere ciò che mangiava. 
Senza dubbio, possedeva il massimo fascino,
il suo comportamento era così piacevole e così cordiale;
eppure si dava da fare per imitare le maniere di corte,
ed essere distinta, affinché si pensasse di lei
come di una persona ben meritevole di stima. 
Ma, parlando della sua sensibilità,
era così piena di carità e pietà
che se vedeva un topo preso in trappola,
ed era morto o sanguinava, si metteva a piangere.
Aveva alcuni cagnolini, e li nutriva 
di carne arrosto, o di latte e raffinato pane bianco.
Ma come amaramente piangeva se uno di loro moriva,
o se qualcuno prendeva un bastone contro di lui!
Era tutta sensibilità e tenero cuore.
Il suo velo era pieghettato in modo decoroso, 
il suo naso ben fatto; occhi grigio-azzurri, di grande bellezza,
e la sua bocca morbida, molto piccola, e rossa.
E non c’è dubbio che avesse una bella fronte,
quasi una spanna in ampiezza, giurerei che lo fosse,
perché certamente non era piccola. 
Il suo mantello, ho notato, era molto elegante.
Un rosario di corallo con grani verdi
portava sul suo braccio, e da esso pendeva
una spilla di luccicante oro; incisa sopra
c’era, innanzi tutto, una “A” coronata, 
e sotto, “Amor vincit omnia”.

From The Canterbury Tales, THE WIFE OF BATH

Traduzione

C’era una donna d’affari, dei dintorni di Bath,
ma, purtroppo, era un po’ sorda;
era una così abile tessitrice, che superava
persino i tessitori di Ypres e di Gand.
In tutta la parrocchia non c’era donna 
che osasse precederla all’offertorio,
e se lo facevano, si infuriava così tanto
da uscire fuori di ogni grazia.
I suoi fazzoletti da testa erano del più fine tessuto,
dieci libbre e più pesavano, credo, 
quelli che portava la domenica sul suo capo.
Le sue calze erano del più fine rosso scarlatto
molto strette legate; le scarpe comode e nuove.
Spavaldo era il suo viso, e bello; anche rosso acceso.
Era stata rispettabile in tutta la sua vita, 
e si era sposata cinque volte, vale a dire in chiesa,
senza contare altri amori che aveva avuto in gioventù,
dei quali, proprio adesso, non è il caso di parlare.
Ed era stata tre volte a Gerusalemme;
aveva attraversato molti fiumi stranieri; 
ed era stata a Roma e a Boulogne,
a San Giacomo di Compostella e a Colonia;
sapeva tutto dei viaggi e delle distrazioni:
perché aveva i denti radi, se intendete cosa voglio dire.
Comodamente su un cavallo al trotto sedeva, 
ben avvolta da un velo, e indossava sul suo capo un cappello
che avrebbe potuto essere uno scudo per le dimensioni e la forma;
una gonna per cavalcare intorno ai suoi enormi fianchi,
anche un paio di appuntiti speroni sui suoi piedi.
In compagnia, come sapeva ridere e scherzare! 
Senza dubbio conosceva tutti i rimedi di amore,
perché in quel gioco era una donna esperta.

 

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