Rivoluzione scientifica e rivoluzione astronomica

 

1. LA RIVOLUZIONE SCIENTIFICA: UN EVENTO CAPITALE DELLA STORIA
L’evento, che si suole denominare rivoluzione scientifica, fu radicalmente innovatore e di grande importanza storica. Esso si situa fra la data di pubblicazione del capolavoro di Copernico, Le rivoluzioni dei corpi celesti (1543) e quella dell’opera di Newton, I principi matematici di filosofia naturale (1687). Alla base della rivoluzione scientifica vi è un nuovo modo di vedere la natura e di concepire la scienza. Dalla rivoluzione scientifica e dalla metodologia di Galileo in particolare emerge:
• la concezione della natura come ordine oggettivo e casualmente strutturato di relazioni governate da leggi;
• la concezione della scienza come sapere sperimentale-matematico e intersoggettivamente valido.
 

2. IL NUOVO MODO DI VEDERE LA NATURA
a) La natura è un ordine oggettivo poiché essa costituisce un oggetto i cui caratteri non hanno niente a che fare con la spiritualità. Contrariamente al mondo della magia, in cui ogni cosa possiede un’anima, l’universo della scienza si configura come un ordine spogliato di ogni attributo, valore o qualità umana.
b) La natura è un ordine causale, intendendo per causalità un rapporto costante e univoco fra due fatti, dei quali dato l’uno è dato anche l’altro e tolto l’uno è tolto anche l’altro. Vedendo la natura in questo modo, delle quattro cause riconosciute da Aristotele (formale, materiale, efficiente, finale) l’unica ammessa dalla scienza è quella efficiente. Infatti alla scienza non interessa il perché finale o lo scopo dei fenomeni, ma solo la loro causa efficiente, ossia le forze che li producono.
c) La natura è un insieme di relazioni causali riconoscibili che legano i fatti.
d) I rapporti causali si ripetono costantemente poiché i fatti sono governati da leggi che rappresentano i modi necessari o i principi invarianti attraverso cui la natura opera.


3. IL NUOVO MODO DI CONCEPIRE LA SCIENZA
a) La scienza è un sapere sperimentale poiché si fonda sull’osservazione dei fatti e perché le sue ipotesi vengono giustificate su base empirica.
b) La scienza è un sapere matematico che si fonda sul calcolo e sulla misura, poiché la fisica procede a una matematizzazione dei propri dati, racchiudendoli in formule.
c) La scienza è un sapere intersoggettivo poiché i suoi procedimenti sono accessibili a tutti. In tal modo, la scienza moderna si stacca dalla magia e dalle discipline occulte, che considerano la conoscenza come patrimonio di pochi individui.
d) La scienza è un sapere disinteressato, cioè non ha fini pratici. Ma quanto più la ricerca è disinteressato, tanto più è conosciuto il fenomeno tanto più l’uomo riesce a dominarlo.
 

4. LE FORZE CHE HANNO COMBATTUTO LA NUOVA SCIENZA
La scienza moderna degli inizi ha dovuto combattere soprattutto contro due forze autorevoli: la tradizione culturale e la chiesa. La cultura ufficiale, quella delle Università legata all’aristotelismo, si sentiva minacciata dalla nuova scienza per una serie di motivi:
• il nuovo sapere metteva in discussione molte delle teorie cosmologiche e fisiche della cultura tradizionale;
• la scienza era portatrice di uno schema teorico anti-finalistico e anti-essenzialistico che urtava contro i teoremi basilari della metafisica greca e di quella cristiana;
• la scienza contrapponeva la forza dell’esperienza e della verifica all’arma del ragionamento e della deduzione teorica.
Gli aristotelici, rappresentanti della cultura dominante, cercarono di confutare le teorie dei fondatori del pensiero scientifico moderno mediante sottili contro-obiezioni teoriche, volte alla riduzione all’assurdo delle nuove dottrine.
La religione si sentiva fortemente minacciata perché vedeva essere messa in discussione non solo l’autorità di Aristotele, ma anche la parola divina espressa nella Bibbia. Inoltre, ad inquietare la Chiesa, non erano solo i contenuti della nuova scienza, ma anche il suo stesso metodo, che fondandosi sul principio della libera ricerca poteva apparire “eretica” quanto le tesi del “libero esame” delle Scritture proposto dai protestanti. Accanto alla cultura di tipo aristotelico e alla Chiesa, tra le forze che si opponevano alla scienza figurano anche la magia e l’astrologia: i maghi si trovarono spiazzati dagli scienziati, che perseguendo l’ideale di un sapere pubblico, distruggevano il concetto stesso di un sapere occulto; gli astrologi si vedevano contestare tutto quell’insieme di credenze cosmologiche, legate a un universo pre-copernicano, che costituiva la base teorica delle loro pratiche divinatorie.
La vecchia cultura, la Chiesa e i fautori delle scienze occulte di trovarono dunque alleati contro la scienza. Eppure attacchi e polemiche anziché bloccare gli scienziati, li spronarono ad approfondire meglio le loro dottrine, stimolandoli a cercare prove sempre più solide a favore di esse.
 

5. LA RIVOLUZIONE ASTRONOMICA
La rivoluzione scientifica prende avvio dalla rivoluzione astronomica. Tale “rivoluzione” si crede sia dovuta a Copernico (la cosiddetta “rivoluzione copernicana”, con la quale si passa da una visione geocentrica ad una visione eliocentrica). In realtà ciò è vero solo in parte, poiché Copernico ha solo dato inizio a un processo di pensiero. Anzi, quella che viene chiamata “visione copernicana dell’universo”, più che essere il frutto del solo Copernico o di altri astronomi e fisici come Keplero e Galielo, è il prodotto di intuizioni e deduzioni teoriche che risalgono per lo più a Giordano Bruno, il vero filosofo della nuova visione del mondo.
 

6. L’UNIVERSO DEGLI ANTICHI E DEI MEDIEVALI
Per comprendere la rivoluzione astronomica, bisogna ricordare i punti essenziali del millenario “sistema del mondo” chiamato universo aristotelico-tolemaico.
L’universo di Aristotele e Tolomeo era:
UNICO, in quanto pensato come il solo universo esistente;
CHIUSO, perché immaginato come una sferra limitata dal cielo delle stelle fisse;
• Essendo chiuso, l’universo era anche FINITO.
Tale universo era fatto di sfere concentriche intese come qualcosa di solido e di reale, su cui erano incastonate le stelle e i pianeti. Si avevano così, oltre alla sfera delle stelle fisse, i cieli di Saturno, Giove, Marte, Mercurio, Venere, Sole e luna. Al di sotto di quest’ultima stava la zona dei quattro elementi, con la Terra immobile al centro di tutto. Questo universo era diviso in due parti qualitativamente distinte:
Mondo sopralunare, costituito da un elemento eterno e incorruttibile, l’etere, il cui unico movimento era di tipo circolare e uniforme, senza inizio e senza fine;
Mondo sublunare, formato dai quattro elementi (terra, acqua, aria e fuoco) dotati di un moto rettilineo (dal basso verso l’altro e viceversa) che avendo un inizio e una fine dava origine ai processi di generazione e corruzione.
Questa visione astronomica è durata circa duemila anni (da Aristotele, IV secolo a.C., alla metà del Cinquecento). Tale concezione durò tanto perché:
- appariva conforme al senso comune e alla sua quotidiana osservazione dell’immobilità della terra e del moto dei cieli,
- appariva conforme alla mentalità “metafisica” prevalente
- era stata “sacralizzata” dal cristianesimo.
La testimonianza dei sensi, l’autorità di Aristotele, i teoremi della metafisica e la parola divina della Bibbia avevano quindi finito per convergere in una comune attestazione della validità assoluta del sistema tolemaico.
 

7. DAL GEOCENTRISMO ALL’ELIOCENTRISMO
La prima scossa decisiva all’imperante sistema geocentrico tradizionale, che mise in moto tutto il processo della rivoluzione astronomica, venne dal polacco Niccolò Copernico. Studioso di fisica celeste, Copernico, che era soprattutto un teorico e un matematico, riteneva la dottrina tolemaica “antieconomica” e quindi errata per il fatto stesso di essere troppo complessa. Cercando nei libri degli antichi delle soluzioni alternative al geocentrismo, Copernico si imbatté nell’idea eliocentrica secondo la quale al centro dell’universo, sostituito dalla Terra sta, immobile, il Sole; attorno al Sole ruotano i pianeti, la Terra prende posto tra questi e gira su se stessa, originando così il moto apparente, attorno ad essa, del Sole, dei pianeti e delle stelle; la luna ruota attorno alla Terra; infine, lontano dal sole e dai pianeti, stanno fisse le stelle. Copernico scoprì che a tale teoria erano già pervenuti i pitagorici, Iceta e Eraclide Pontico (filosofo platonico).
Tuttavia, questa nuova visione del cosmo, pur essendo di per sé rivoluzionaria, non scalzava la vecchia immagine dell’universo, in quanto l’universo di Copernico rimaneva sferico, unico, chiuso e costituito da sfere cristalline che si muovono di moto circolare uniforme. Fu l’astronomo danese Tycho Brahe a negare l’esistenza delle sfere solide e reali, sostituendo il concetto fisico di orbe con quello matematico di orbita.
Giovanni Keplero (1571-1630), sulla base dell’osservazione di Brahe, giunge alle tre leggi dei movimenti dei pianeti:
1. Le orbite descritte dai pianeti intorno al Sole sono ellissi di cui il Sole occupa uno dei due fuochi
2. Le aree descritte dal raggio vettore (il segmento di retta che congiunge il pianeta al Sole) sono proporzionali al tempo impiegato a descriverle
3. I quadrati dei tempi impiegati dai diversi pianeti a percorrere interamente la loro orbita stanno tra loro come i cubi degli assi maggiori delle ellissi descritte dai pianeti.
 

8. DAL MONDO “CHIUSO” ALL’UNIVERSO “APERTO”
Il mondo di Copernico, a parte l’eliocentrismo, è ancora fondamentalmente un mondo del passato poiché l’universo è pensato unico e finito, essendo limitato da un’ultima sfera che contiene tutte le cose. L’idea dell’infinità dell’universo ebbe origine presso i Greci, in particolare, essa era stata propugnata da Democrito e difesa da Lucrezio nel suo capolavoro poetico-filosofico De rerum naturae.
Nel Medioevo, la prima affermazione dell’infinità del mondo è attribuita a Cusano (1401-1464). Tuttavia egli, pur negando che l’universo sia finito e racchiuso tra le mura delle sfere celesti, non ne afferma la positiva infinità, in quanto il suo universo, più che infinito, è indeterminato. Altri due studiosi cui si è attribuita la tesi dell’infinità dell’Universo sono Stellato Palingenio e Thomas Digges, ma tuttavia, anche qui, l’attribuzione è dubbia.
In realtà, soltanto Giordano Bruno deve essere considerato come il rappresentante principale della dottrina di un universo decentrato, infinito e infinitamente popolato poiché egli diede per primo una compiuta enunciazione dei motivi  grazie ai quali essa sarebbe stata poi accettata dal grosso pubblico.
Giordano Bruno, partendo da una sua intuizione costruita sulla lettura di Lucrezio e Cusano e confermata dal copernicanesimo, giunge ad una nuova visione dell’universo:

Se la Terra è un pianeta che gira intorno al Sole, le stelle che si vedono nelle notti serene e che gli antichi immaginarono attaccate all’ultima parete del mondo, non potrebbero essere tutte, o almeno in gran parte, immobili soli circondati dai rispettivi pianeti? Per cui l’universo, anziché essere composto da un sistema unico, in nostro, non potrebbe ospitare in sé un numero illimitato di stelle-soli, disseminate nei vasti spazi del firmamento e centri di rispettivi mondi?

Di fronte a questi interrogativi Bruno conclude che «Sono dunque soli innumerabili, sono terre infinite, che similmente circuiscono qui soli, come veggiamo questi sette circuire questo sole a noi vicino».
Essendo Giordano Bruno “figlio” della scolastica, la sua teoria sembra essere confermata da un principio teologico presente nell’ultima scolastica, secondo il quale il mondo, avendo la sua causa in un essere infinito deve per forza essere infinito.
Le tesi cosmografiche rivoluzionarie dell’età moderna presenti in Bruno sono cinque:
1. abbattimento delle mura esterne dell’universo: distruzione dell’idea secolare dei confini del mondo;
2. pluralità dei mondi e loro abitabilità: pluralità illimitata di sistemi solari, che Bruno ritiene popolati da creature viventi, senzienti e razionali;
3. identità di struttura tra cielo e terra: superamento del “dualismo astronomico” tolemaico fra mondo supralunare e mondo sublunare e unificazione del cosmo in una sola immensa regione;
4. geometrizzazione dello spazio cosmico: carattere unitario, omogeneo e infinito dello spazio cosmico, che viene quindi geometrizzato sulla base del modello euclideo;
5. infinità dell’universo.

Gli astronomi del tempo (Tycho Brahe, Keplero, Galileo) accolsero freddamente o rifiutarono in gran parte le tesi di Giordano Bruno, respingendo soprattutto l’idea della pluralità dei mondi e dell’infinità dell’universo.
Un colpo decisivo alla cosmologia di bruno verrà dalla fisica del Novecento, in particolare da Einstein, che è tornato a riproporre l’idea di un universo finito. Infatti, secondo Einstein, la materia si “incurverebbe” su se stessa, per cui il mondo sarebbe illimitato ma finito, simile a una sfera illimitatamente percorribile, anche se finita. Di conseguenza, mentre nel modello euclideo di spazio è possibile tracciare una retta che va all’infinito, nel cosmo di Einstein una retta all’infinito tende a ripiegarsi su se medesima, dando origine a una sorta di circolo, tanto che un ipotetico viaggiatore dell’universo tornerebbe sempre al punto da cui è partito. Sul problema dell’infinità del mondo la scienza moderna è dunque tornata a proporre un modello cha appare più vicino a quello di Aristotele e Tolomeo che a quello di Bruno. La scoperta delle geometrie non euclidee e la loro applicazione nella fisica ha messo in crisi anche la “geometrizzazione” dello spazio cosmico, ossia il pregiudizio che lo spazio dell’universo reale sia di tipo euclideo, lasciando la questione “in sospeso” anche su questo punto. In conclusione, tre sono i punti tuttora problematici della visione “moderna” dell’universo:
1. l’esistenza di altre creature viventi e razionali;
2. la struttura ultima dello spazio cosmico;
3. la questione dell’infinità dell’universo.

 

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